Legge elettorale e democrazia

Legge elettorale e democrazia

di Riccardo Fraccaro

L’emendamento a mia prima firma proposto e votato in aula non toccava in alcun modo la soglia regionale del 20%, che sarebbe rimasta intatta (alcuni emendamenti arrivati in Aula proponevano persino di abbassare tale soglia). Ho presentato una proposta finalizzata unicamente a introdurre un sistema elettorale proporzionale anche in Trentino-Alto Adige.

Una proposta in armonia con la legge elettorale nazionale, per dare più rappresentanza alle forze politiche locali, ferma restando l’esigenza di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di cui non sarebbe stato compromesso alcun diritto.

Anche i collegi uninominali sarebbero rimasti, dando però maggior spazio alla quota proporzionale. Non è questione di posizioni politiche: non va dato risalto ad una falsa accusa fortemente lesiva dell’impegno del M5S nel difendere e valorizzare l’Autonomia.

Al contrario, l’emendamento a mia prima firma alla riforma elettorale e il voto largamente condiviso che ne è seguito, hanno ripristinato un principio di democrazia sventando un colpo di mano ai danni del nostro territorio. Decine di costituzionalisti avevano evidenziato come la legge in esame avrebbe prodotto un divario inaccettabile proprio ai danni del Trentino-Alto Adige, col risultato di depotenziare drasticamente le possibilità di rappresentanza in Parlamento delle istanze politiche locali. I cittadini italiani sarebbero andati al voto con una legge basata su tre punti cardine: sistema proporzionale, assenza di coalizioni e quote di genere.

I Trentini, invece, avrebbero subito una grave compressione dei propri diritti, poiché la legge avrebbe minato i principi di rappresentatività e uguaglianza del voto: avrebbero infatti continuato a votare secondo le regole di un sistema maggioritario che favorisce le coalizioni, penalizza le opposizioni ed esclude le quote di genere proprio in caso di coalizione. Un’eccezione abilmente ammantata da ragioni storiche, etniche e linguistiche, spacciata come tutela delle specificità e minoranze locali, ma in realtà fatta solo per assicurare una sovra-rappresentanza alla coalizione di centrosinistra sedicente autonomista.
Non si può tirare in ballo addirittura gli accordi internazionali e Alcide De Gasperi, per giustificare il voto «eccezionale» delle nostre province.

Al contrario, questo sistema su base maggioritaria è in uso da tempi piuttosto recenti, cioè da quando nel 1993 è stato introdotto il Mattarellum. Da allora, questo sistema è servito ad assicurare non la tutela dell’Autonomia e delle minoranze linguistiche, ma piuttosto la poltrona a ben precisi partiti e coalizioni.

Contro questa disuguaglianza inaccettabile, che usa l’Autonomia e le minoranze nient’altro che come foglia di fico per coprire ben più prosaici interessi di bottega e trasformare il territorio in un feudo del centrosinistra, il mio emendamento ha rappresentato un elemento di giustizia. Invece la concezione distorta dell’Autonomia del centrosinistra locale ritiene che i trentini non devono avere gli stessi diritti dei cittadini italiani, per assicurare così seggi alla loro coalizione.
Lo stesso presidente Rossi ha dichiarato testualmente di volere «una legge che difenda dai pericoli rappresentati dal M5S».

Ammissione lapalissiana di chi si preoccupa solo di difendere il proprio feudo di potere, come del resto lui e il suo partito hanno sempre fatto: prima mettendosi al servizio di un premier che ha scritto nero su bianco di voler abolire le autonomie speciali, poi giustificando consiglieri accusati di corruzione elettorale e, ancora, difendendo i vitalizi e contribuendo a far percepire la nostra Autonomia come un privilegio.

Degno successore di chi, prima di lui, contribuì ad alimentare quel sistema che oggi è noto con il termine di «magnadora».
La veemenza con cui oggi questi partiti insorgono contro il MoVimento 5 stelle è comprensibile, perché viene messa in discussione quella consuetudine su cui si fonda il loro potere.

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