Tassullo: non buttiamo quel progetto

Tassullo: non buttiamo quel progetto

di Lorenzo Dellai

La recente sentenza che ha cancellato la dichiarazione di fallimento precedentemente adottata a riguardo della Tassullo Materiali mi pare un fatto nuovo ed importante, di certo non trascurabile, nella strana vicenda che da qualche tempo caratterizza questa azienda.
All’epoca avevo manifestato pubblicamente un certo stupore per come stavano procedendo le cose. E avevo espresso una forte preoccupazione per il fatto che a fronte di indubbie difficoltà finanziarie si rischiava di cancellare una esperienza imprenditoriale piuttosto originale.

Originale per natura (una delle poche vere esperienze di azionariato diffuso) ma anche per progetto industriale.
Ricordo bene infatti l’interesse suscitato (assieme a qualche incomprensibile scetticismo) dall’intuizione di usare gli spazi ipogei, frutto della attività principale dell’azienda, per la conservazione delle mele e per altre finalità, connesse in particolare con attività di tipo informatico.

Un progetto industriale serio e lungimirante, che giustamente ha avuto - ricordo - il pieno sostegno della Provincia Autonoma.
Le difficoltà finanziarie, derivanti dalla crisi globale dell’edilizia e - forse - qualche deficit di generosità e di visione del mondo finanziario trentino hanno portato l’intero progetto su un binario morto.
La dichiarazione di fallimento era stata percepita, in questo senso, come una pietra tombale.

Ora l’Autorità Giudiziaria ha decretato che questa pietra non era poi così «tombale». E che - sopratutto - le motivazioni che avevano indotto questa decisione non trovavano piena corrispondenza con la realtà.
Non ho il titolo e neppure le informazioni di dettaglio per esprimere opinioni definitive. Tuttavia un punto mi pare emerga con abbastanza chiarezza: serve una verifica vera di cosa in realtà sia successo e di cosa si possa fare per evitare l’eutanasia di una esperienza imprenditoriale e sociale di assoluto interesse.

Si è nel frattempo costituita una cooperativa tra i lavoratori. Non ho elementi per valutare la portata di questo fatto. Ma è un fatto.
Forse non sono del tutto scomparsi i margini - magari stretti - per salvare il senso «organico» del progetto industriale iniziale, evitando quello che alcuni hanno definito «lo spezzatino» della realtà aziendale della Tassullo, contro il quale ho letto l’altro giorno una giusta presa di posizione del Sindacato.

Non so francamente se - difronte a questo nuovo quadro - sia giusto e opportuno far finta di niente e proseguire con le procedure di vendita degli asset, contando sul fatto che, ovviamente, la sentenza che ha cancellato il fallimento non è passata in giudicato, dovendosi ancora attendere gli eventuali ricorsi giurisdizionali.

Personalmente credo che le pubbliche istituzioni e quanti hanno ruoli di responsabilità in questa vicenda - di derivazione giurisdizionale e di tipo privato - dovrebbero riaprire un ragionamento. Ci si lamenta spesso che Bolzano fa gioco di squadra più di Trento a difesa del suo sistema economico. Sarebbe una occasione per dimostrare che anche noi sappiamo agire in questa direzione.

Buttare alle ortiche il progetto iniziale senza neppure tentare di cogliere le opportunità offerte dall’ultima sentenza mi sembrerebbe azione poco avveduta. E lascerebbe poi quell’amaro in bocca che sempre si avverte quando l’impressione è quella di una storia «già scritta».

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