L’altra faccia della mafia è bianca

L’altra faccia della mafia è bianca

di Lucia Ferrai

Lunedì pomeriggio:
«Ninuzza, tuo figlio è morto»

«Michele». Una lama di dolore mi recise i tendini dei talloni.
Mi accasciai, come una borsa svuotata. «Michele». La guancia sfinita s’appoggiò al suolo del giardino. «Michele» urlai ancora. Poi iniziai a sputare: volevo riempire di saliva le crepe di quell’aridità. Sputai una, due, tre, quattro volte su questa maledetta terra. Sputo su di te, Calabria. Sei sangue e fango. Tu, orrenda terra, hai divorato i miei figli, ma io ti sono stata sempre fedele. Ho seguito le regole sanguinose che hai imposto. Ho tessuto ragnatele d’affari come hai voluto. Ogni domenica salutavo rispettosamente i carnefici gentiluomini che hai messo al comando, mentre si recavano in Chiesa, compiaciuti di sé. Ho pregato per mio marito ogni volta che lavavo un suo abito lordo di sangue, finché un giorno tornò solo la sua camicia. Ho nascosto nello scantinato bambini impauriti alla prima esperienza nel malaffare. Ho contato i soldi sporchi, poi ho contato i morti. Mio marito, il primo figlio, ora il secondo.

Calabria, nome da femmina ma dalla maternità sgraziata, partorisci figli per cibartene. Ndrangheta, mostro affamato, quante vittime sacrificate al tuo potere, complici del loro stesso sacrificio? Più fresco è il sangue, può gode il mstro. Eppure le tue regole non sembravano così sbagliate: onore e famiglia sono parole rispettabili.
Io ho respirato mafia fin da piccola. Potenti mi sembravano gli uomini della cosca, seduti in salotto con le pistole sulle ginocchia, giganti ben vestiti che mi offrivano caramelle e protezione. Nessuno pensa a te, mi dicevano, se non la famiglia, che ti copre le spalle. Anche le donne in cucina si mostravano forti, sempre sicure nel gestire i mariti, indirizzando gli affari a loro piacimento. Mi ripromisi di imitare le abilità di mia madre e mia nonna. L’avidità è maschia, ma l’organizzazione è femmina.

Martedì mattina:
«è stato Tonino,
della famiglia M.»

La faida proseguiva da tre generazioni.
La mia cosca e la famiglia M. bagnarono di sangue molte strade, massacrandosi a vicenda. Ora ci contendevamo il monopolio del traffico di droga. La rabbia, però, non è un fatto d’economia, non c’entra con gli affari. È acqua che straripa da un bicchiere poco capiente ed io ho un cuore piccolo, la vendetta traboccherà. Vendette, quante ce ne sono state? Non le conto più. Ricordo la prima volta che vidi un morto ammazzato, era il fratello di mio padre, ucciso dal nonno di Tonino della famiglia M.
Avevo quattro anni, il cadavere mi sembrò una grossa bambola di cera. Era riverso sulla strada, gli occhi sbarrati e gialli, la bocca paralizzata in un’espressione ridicola, tutto il resto era sangue e asfalto. Il giorno dopo mi comunicarono di aver sparato al suo assassino. Mi parve una cosa giusta.

Martedì pomeriggio:
«Tu puoi fermare tutto questo»

Mia madre è venuta a consigliarmi. Dice che ha occhi troppo vecchi per vedere altra morte. Io però non posso dimenticare. Hanno ucciso Michele, devono schiattare in atroci tormenti.
Prepara i tuoi occhi allo scempio – le sussurro.
Allora lei si avvicina e mi prende le mani. Infila le mie dita nelle sue rughe, spingendole a fondo.
La vita mi ha scavato il dolore in volto. Ogni ruga è una persona che ho perso. Di vendetta in vendetta, cuori e cimiteri si sono riempiti di lapidi. Ma ora i vermi sono sazi di morti.
Mai avevo sentito parole simili pronunciate da un membro della famiglia. Il nostro onore è stato colpito, il dolore mi fa impazzire, i nostri valori, il rispetto, la dignità agli occhi del clan.. che ne sarà di ciò che è sempre stato? Davvero mi suggerisce il perdono? Mia madre me lo confermò dicendomi:
Ho visto la nonna di Tonino della famiglia M. Anche lei ha molte rughe.
Non credevo alle mie orecchie, aveva parlato con la nonna dell’assassino di Michele. Eppure era il suo nipote preferito, lui aveva un cuore diverso, voleva scappare da qui, desiderava studiare. «Renderò fiera la famiglia in un modo nuovo» annunciò un giorno, senza possibilità di replica. I suoi occhi erano così azzurri. Michele, sono divisa, vorrei poterti piangere e nulla più.

Mercoledì mattina:
«Seppellire»

Il funerale è oggi, non domani e nemmeno ieri.
Oggi è il giorno in cui dirò addio a Michele e chiuderò il coperchio della bara sopra i sogni di mio figlio. Non c’è più alcuna umanità nei miei gesti. Muovo le braccia in modo automatico, sono tirate da fili che non controllo, le mie ultime energie. Gli occhi tentano continuamente di chiudersi, vorrebbero imitare quelli di Michele e non riaprirsi più. Risparmio forze solo perché seppellire è ciò che mi spetta, il mio ultimo dovere. Alla cerimonia sarà presente anche Simone, il cugino di mio figlio. Camminava con lui quando gli hanno sparato. Era il vero obiettivo del regolamento di conti. Simone sicuramente non si aspetterà la mia reazione, nessuno la può prevedere, qualcuno non la condividerà affatto. Intanto ho messo al corrente le donne della famiglia, quelle più fidate.
La mia scelta è irrevocabile –  ho confidato – so che siete scioccate, ma si farà come dico io.
Nessuna osò ostacolarmi e quindi tutto è stato predisposto.
Apro l’armadio e mi vesto.
Lo farò per te, Michele.


Mercoledì pomeriggio:
«Bianco!»

La campana suona, è ora di andare. Le porte della Chiesa sono spalancate e devo varcarle. Qualcuno mi rivolge uno sguardo. «Bianco!» mormorano i più vicini.
«Bianco, bianco, bianco» sussurrano altri. A macchia d’olio la voce si espande nelle navate. «È vestita di bianco!» grida chiaramente Simone. Ora si sono voltati tutti.
Il mio messaggio non poteva essere più chiaro. Nel codice dei clan, il bianco è il colore del perdono. La madre che al funerale non si presenta in nero dichiara finita la faida con gli assassini del figlio. Come prude questo vestito bianco! È un pugnale di seta dentro la mia pelle. Chissà se questi muschiosi sguardi, che mi si appiccano addosso, comprendono il tormento del mio sacrificio.
Michele, è difficile indossare questo candido colore, che mi ricorda la tua innocenza.
Lo faccio per te che nella vita hai solo donato. Oggi desidero piangere e seppellire.
Seppellirò con te anche la vendetta.

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