Ri-fiorire alle Viote

Ri-fiorire alle Viote

di Francesco Rigobello

Per chi ama camminare in montagna ogni primavera si rinnova la meraviglia e il piacere di riscoprire la bellezza e i colori delle fioriture alpine. I fiori di montagna sono generalmente più vistosi e colorati di quelli di pianura perché, data la scarsità di insetti impollinatori presenti in alta quota, nel corso dell’evoluzione si sono fatti sempre più belli e vistosi per attrarli.

Il Giardino Botanico Alpino delle Viote, per sua natura è un concentrato di colori visto che in esso sono coltivati non solo i fiori delle Alpi ma anche quelli che provengono dalle catene montuose di tutto il mondo.

Scegliere di quali fiori parlare è sempre arduo e impegnativo, ma vale forse la pena di focalizzare la nostra attenzione non sui fiori che già conosciamo, come ad esempio i gigli e le genziane, ma su altri altrettanto belli e colorati ma forse meno conosciuti e un po’ trascurati dalla gran parte delle persone.

Tra questi, per il colore azzurro intenso dei suoi fiori spicca il Linum alpinum o Lino delle Alpi.

Spontaneo e diffuso nei luoghi calcarei erbosi e sassosi dei nostri monti dai 1000 ai 2000 m slm, passa solitamente inosservato perché allo stato spontaneo si trovano piantine singole o in piccoli gruppi. Al Giardino viene invece coltivato in aiuole più dense e qui anche questa piantina può esprimersi al meglio e colpire il nostro sguardo per l’intensità e la particolarità del suo colore.

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Gli eleganti, grandi e delicati fiori sono portati da fusti fogliosi alti 10-40 cm, a formare macchie azzurre nell’erba dei prati primaverili. Il fiore, grande 3-4 cm, ha 5 petali di un delicato colore azzurro ed è portato da un peduncolo reclinato nel boccio ed eretto alla fioritura e alla fruttificazione. Le foglie sono lanceolate e presenti sia sui fusti portanti i fiori, sia sui getti sterili.

Camminando in montagna può anche capitare di incontrare un’altra specie simile ma dai fusti più robusti, ricoperti di peli appiccicosi, e dai fiori colorati di rosa o rosso vinoso, con venature violette più cariche: si tratta in questo caso di Linum viscosum; altra specie spontanea dei nostri monti dai 100 ai 1800 m slm.

Entrambe queste specie sono parenti strette del più conosciuto e coltivato Linum usitatissimum, al momento in piena fioritura al Giardino Botanico Alpino delle Viote, il lino da fibra comunemente usato per produrre tessuti.

Le diverse specie di lino sono conosciute e usate fin dall’antichità, da quando l’uomo ha scoperto che i fusti contenevano fibre che era possibile lavorare per filarle e così fare tessuti. Ma molto probabilmente il primo uso fu di tipo alimentare e per ottenere un olio commestibile schiacciandone i semi. Poi, i pittori del Medioevo si accorsero che sostituendo parte dell’uovo che usavano nella composizione delle tempere con olio di lino cotto ciò rendeva i colori più facili da stendere e più brillanti.

Ancor oggi l’olio di lino è usato per vernici e stucchi di pregio.

Nell’uso tradizionale e in erboristeria i semi, che contengono oli, acidi, mucillagini, proteine ed altri elementi e principi con proprietà emollienti, antinfiammatorie, rinfrescanti e lassative, sono ancora usati come energico purgante e, all’olio in particolare, vengono riconosciuti effetti protettivi delle arterie e benefici per prevenire patologie cardiovascolari.

Anche in cucina i semi di lino sono utilizzatissimi, in particolare tra chi realizza il pane in casa, esattamente come avviene ad esempio per i semi di sesamo. Analogamente, i semi di lino possono entrare nella preparazione di focacce, pasta fatta in casa, ma anche insalate, zuppe e vellutate. Da non sottovalutare il loro ruolo nei dolci: i semi di lino possono esser infatti mescolati alla farina di avena, alla crema di grano, al gelato e ai budini.

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