Montagna e trekking: i rifugi

Montagna e trekking: i rifugi

di Alessandro Beber

Per la gioia di alpinisti ed escursionisti, le montagne dell’arco alpino sono disseminate di rifugi in quota che offrono la splendida opportunità di vivere per qualche giorno «dentro» alle montagne.

Tradizionalmente, i rifugi del Club Alpino Italiano (quindi anche della Sat) così come quelli privati, sono gestiti attivamente durante la stagione estiva, dal 21 giugno al 21 settembre, e a volte anche qualche settimana in più. Magari lo diamo per scontato, ma poter contare su vitto e alloggio (e di grande qualità, tra l’altro !) a quote superiori ai 2000m è un assoluto privilegio, perché le difficoltà logistiche sono tante e veramente complesse.

Potremmo anche aprire un dibattito etico a riguardo, perché c’è chi sostiene che questi ambienti delicati ed ancora integri da un punto di vista naturalistico dovrebbero essere lasciati liberi da insediamenti umani permanenti, ma un secolo e mezzo di frequentazione alpinistica delle Alpi ha ormai radicato in profondità questo modello di frequentazione, e tornare indietro oggigiorno è semplicemente utopico e poco realistico.

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Certo nella realtà dei fatti queste strutture amplificano a dismisura la fascia di pubblico che riesce ad approcciare la montagna, avventurandosi a cuor leggero in un ambiente di per sé ostile, e questo può avere delle conseguenze anche parecchio spiacevoli (i rifiuti in cui ci si imbatte lungo i sentieri ne sono la prova tangibile). Però allo stesso tempo permettono alle stesse persone di vivere esperienze uniche e spesso formative, godendo delle meraviglie di una natura straordinaria ed imparando ad apprezzarla.

Così, personalmente mi piace credere che la presenza dei rifugi incentivi un senso di attaccamento per la montagna e per la Natura in generale, e che il coinvolgimento accidentale di qualche maleducato fuori luogo sia un prezzo da pagare tutto sommato accettabile.
Anzi, proprio i gestori sono spesso tra i primi formatori che indirizzano i loro avventori sulla retta via!

Detto questo, nonostante l’aumento esponenziale del flusso turistico sulle montagne della nostra regione, negli ultimi decenni si è assistito ad una diminuzione dei pernotti nei rifugi in quota, in linea con i ritmi frenetici della società attuale che predilige la «toccata e fuga» ai soggiorni prolungati. Non è facile contrastare queste dinamiche, ma per certo così facendo ci si perde qualcosa... Prendersi il tempo di sostare una notte in rifugio, al di là del fatto che i tempi di percorrenza dei sentieri lo rendano necessario o meno, è un’esperienza che vale la pena di fare per tanti motivi: per godersi i tempi morti, che poi di solito sono i più «vivi» di pensieri, per sentire quanto è bello essere al riparo se fuori infuria il temporale, per scoprire la calda convivialità che inaspettatamente si viene a creare anche tra perfetti sconosciuti, o ancora perché un alba o un tramonto in alta quota sono spettacoli ai quali non si riesce a dar giustizia né a parole né con le fotografie: l’unica maniera è assistervi coi propri occhi e imprimere quegli attimi nel cuore.

In questo senso, ancor prima dell’utilità come riparo materiale, la funzione più interessante di questa bizzarra tipologia di casupola dispersa tra le cime è esattamente quella di rifugio dell’anima.


CONSIGLI UTILI

  • Verificate sempre i periodi di apertura dei singoli rifugi, che possono variare anche da un anno all’altro, e l’effettiva disponibilità di posti letto, soprattutto nei periodi di alta stagione.
  • Informatevi direttamente dai gestori o presso gli uffici di Guide Alpine della zona sulle condizioni dei sentieri d’accesso al rifugio (ad esempio ad inizio stagione la presenza di neve può rendere preferibile l’utilizzo di ramponcini).
  • Per questioni igienico-sanitarie, nella maggior parte dei rifugi alpini è obbligatorio l’uso del sacco lenzuolo, che a volte può essere acquistato direttamente in loco.
  • Prima di avanzare richieste assurde o stravaganti, o di lamentarvi per eventuali disservizi, ricordate che portare viveri, elettricità e acqua corrente in alta quota richiede sforzi e costi considerevoli, che spesso più che da tornaconto economico sono giustificati solo dalla smisurata passione dei gestori.
  • Ogni rifugio appartenente al CAI-SAT è tenuto a lasciare un locale agibile anche fuori stagione, in qualità di bivacco invernale. In queste strutture quasi sempre si trovano dei letti e delle coperte, ma bisogna essere autonomi per quanto riguarda viveri ed illuminazione, oltre a prestare il massimo rispetto per tenere pulito e non arrecare danno alla struttura.
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