Il cantico del Mondo, una lode all'aldiqua

Il cantico del Mondo, una lode all'aldiqua

di Paolo Ghezzi

Uomini bomba, donne kamikaze, tagliatori di teste e seminatori di terrore. Nelle strade, sulle spiagge. Massacratori di innocenti. Cicloni distruttivi, valanghe assassine. Figli di papà (pronti ad assolverli) che torturano e uccidono il primo che passa per vedere l’effetto che fa. Lavoratori emigrati, rapiti e ammazzati.

Profughi immigrati, annegati e asfissiati. Fughe radioattive, desertificazione incessante. Bambini profughi spiaggiati, senza vita, sulle coste della speranza. Esseri umani in campi disumani, tra il fango e i rifiuti, sulla soglia d’Europa. Fidanzate sfregiate e bruciate. Donne sedotte illuse e gettate in discarica. Inquinamento debordante. Corruzione dilagante. Ingiustizia devastante. Depressioni al galoppo. Solitudini moltiplicate. Suicidi contagiosi. Disoccupazione demoralizzazione disperazione.

Eppure ci sono ancora, da qualche parte qui sopra, qui intorno: albe, tramonti, occhi trasparenti, notti stellate, fiori, gatti.
E anime salve - più alte, più pure - che riescono a salvare brandelli di gioia dal grigiore, dalla stanchezza, dalla rassegnazione.
I bambini. I matti. Gli ingenui. I santi. Gli artisti. Come l’utopica nipote di Piero Manzoni, Giuseppina Pasqualino di Marineo in arte Pippa Bacca, giramondo col vestito nuziale per il progetto «Brides On Tour» (Spose in viaggio), che voleva spiazzare il mondo con la bellezza e ha incontrato l’orrore in mani d’uomo assassine a Istanbul (il libro «Sono innamorata di Pippa Bacca. Chiedimi perché!» è stato presentato proprio ieri a Rovereto da Giulia Morello).
I poeti, anche. Come Franco Marcoaldi, abitante in un posto bello (Orbetello) che ha appena pubblicato un poemetto dal titolo laicamente rivoluzionario, «Il mondo sia lodato».

Fin dall’incipit, bellissimo, è un inno a ciò che ci è dato, anche senza postulare un essere superiore da ringraziare: «perché gli occhi si aprono e/ ho un cuore che batte e so/ respirare, perché merita lode/ il sorriso ed il pianto,/ l’orrore e l’incanto - / per la fiamma del lampo,/ il fico che cade,/ lo sforzo di un’ape, il daino/ sfregiato, la risacca di mare,/ Mondo, ti devo lodare».
Lodare l’orrore, il daino sfregiato? Ci si chiede di lodare il male? Ci si chiede, in realtà, di lodare il Mondo (scritto proprio così, con la M maiuscola) tutto compreso, tutto incluso, tutto incorporato nell’unica vita che ci è data, prima di un’eventuale futura che possiamo solo credere o immaginare.

E allora Marcoaldi elenca, come in una litania senza santi ma forte come una preghiera, i motivi infiniti di lode al Mondo: «per chi nuota da anni nella stessa/ corsia, per quel giovane uomo/ che grida sarai sempre mia,/ per chi insiste a buttare/ la palla a canestro/» (ma sì, lode all’Aquila basket anche quando perde) «e ha la tasca ricolma di stelle,/ per chi in treno tira fuori la testa,/ raggiante, e si fa strapazzare/ dal vento, per chi perde sgomento/ i pensieri e confonde i nomi/ e le facce che ieri ancora/ gli erano cari...».

Lodare l’Alzheimer? Certo che no. Eppure lodare coloro che ne soffrono, per quello che sono e che sono stati e che si scordano di essere stati?
Difficile seguire il poeta su questo impervio sentiero. Ma è la sua verità: lodare ciò che è. «Domande e risposte sono sciolte/ nel mondo - beata la rosa/ appagata dall’essere rosa/ e il cane dall’essere cane - la sorte/ di mille fontane/ si racchiude nell’acqua che scorre:/ tutto qui, né più né meno./ ... capisci, Mondo,/ perché ti devo lodare?».
Una lode senza un Laudato si’ da invocare al di là. Da Francesco d’Assisi a Franco da Orbetello. La lode dell’aldiqua.

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