Accordo su Londra: vince Cameron, l'Europa si adegua al compromesso

di Paolo Micheletto

E così, è cosa fatta l’accordo tra Londra e l’Unione europea. Dopo una maratona negoziale di 40 ore, David Cameron può cantare vittoria: «Ora potrò raccomandare di votare sì al referendum» di giugno, di cui annuncerà ufficialmente la data proprio oggi, dopo il consiglio dei ministri convocato per le 10.

L’inquilino di Downing Street rivendica che grazie alla sua battaglia la Gran Bretagna avrà «uno statuto speciale», che «non farà mai parte del superstato europeo», né mai di «un esercito europeo». E ancora, sostiene che il Regno Unito ha costretto l’Europa a «tagliare la burocrazia», anche se è esattamente uno dei punti del programma di Jean Claude Juncker. E assicura che Londra ha «riconquistato il controllo» sulle sue frontiere, riuscendo a bloccare gli abusi dei lavoratori europei che «sfruttano il nostro sistema di welfare». Quello che ottiene è di poter limitare l’accesso ai benefici (spalmato su quattro anni) per 7 anni fino al 2024.

Di fatto, è uno strappo per l’Europa. Se nelle maggiori cancellerie si parla di «successo», in realtà la Gran Bretagna certifica che sarà sempre «altra cosa» rispetto al continente. Non a caso il premier britannico martella sul recupero di sovranità, sul fatto che in una futura riscrittura del Trattato sarà esplicitamente scritto che il concetto di «unione sempre più stretta», su cui si fonda la costruzione europea sin dai Trattati di Roma del 1957, non si applicherà più alla Gran Bretagna.

Insomma, l’Unione non ha vinto. Diciamo che l'esito delle trattative ha portato al compromesso più basso possibile, tenuto conto della storia e dell'indipendenza della Gran Bretagna. Non si poteva fare di più, ma a Bruxelles l'Europa ha confermato la sua debolezza.

Tra l’altro ora si apre una dura campagna elettorale verso il referendum. La «freddezza» tutta britannica si misura anche dai titoli dei giornali di oggi, che sottolineano la defezione del ministro della Giustizia, Michael Gove, uomo di spicco del governo, che lascia trapelare il suo voto pro-Brexit. Sono negativi infine, in generale, i tabloid, con l’ira degli anti-europei Mail e Sun e lo scetticismo del filo-laburista Mirror. Ma fra i giornali popolari spicca soprattutto il titolo del Daily Express, testata vicina ai nazionalisti inglesi dell’Ukip, che invoca adesso Michael Gove come l’uomo che «ci guiderà fuori dall’Ue».

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