Cop21: le strategie globali e una doccia in meno

Cop21: le strategie globali e una doccia in meno

di Luana Silveri

A Parigi è di scena Cop21, la conferenza mondiale sul clima che dovrebbe produrre un accordo definitivo e vincolante tra le parti per contrastare l’innalzamento della temperatura globale. Se si metteranno d’accordo riusciremo, forse, ad arrivare al 2050 senza abbrustolirci nelle città, Venezia non andrà sott’acqua e non vedremo più le nostre bacheche di Facebook invase da foto disturbanti di orsi polari scheletrici e abbarbicati sui residui dell’ultimo pezzo di iceberg. Qualcuno di più grosso di noi ci salverà con una bella bacchetta magica! Gaudeamus igitur!

…mica tanto!

Già sul termine «vincolante» ci sono le prime defezioni e i primi tentennamenti.

L’Ue, spalleggiata dai paesi del Pacifico, che rischiano di finire sott’acqua, spinge per un accordo stringente.

Gli Usa fanno pubblica ammenda ma premono per evitare costrizioni onde evitare beghe interne e crolli economici.

La Cina si aggrappa ancora alla definizione di «paese in via di sviluppo» per avere per avere libertà nella scelta di cosa, come, quanto e quando fare per ridurre le emissioni di CO2 e l’India si defila al motto di «voi siete cresciuti e avete inquinato e ora noi dobbiamo restare al palo per salvare il Pianeta?»; in effetti, l’argomento potrebbe essere abbastanza legittimo.

Temo che il rischio di un nulla di fatto sia altissimo.

Da comuni mortali tutto ci sembra lontano, come se quelle decisioni non ci riguardassero. Ma gli equilibri ecologici del pianeta stanno cambiando inevitabilmente, e i piccoli effetti si vedono anche qui, ogni giorno e anno dopo anno.

Quest’estate diverse valli hanno razionato l’acqua, l’agricoltura accusa spesso i colpi degli eventi meteorologici estremi, il turismo accusa i colpi di una rincorsa continua della neve a quote ormai impossibili, la salute comincia ad accusare colpi, di tosse, per tassi di polveri sottili in aumento e la biodiversità locale è depredata da specie aliene.

E noi? Oltre lamentarci facciamo qualcosa per sentirci in diritto di protestare e delegare le responsabilità di cura e soluzioni?

Quanti spengono tutti gli elettrodomestici o tutti gli apparecchi elettronici, non solo a casa ma anche a lavoro?

Quante auto abbiamo in garage e quante di queste le laviamo con acqua potabile?

Quante docce facciamo al giorno e quanta acqua facciamo uscire dal rubinetto?

Quante volte scegliamo di riempirci il carrello, oltre l’effettivo bisogno, di prodotti alimentari fuori stagione, che hanno sul groppone km e km di trasporto.

Quanti gradi abbiamo in casa in inverno e quanti di noi hanno il condizionatore e lo usano in estate in modo intelligente?

Quanti di noi vogliono avere, nonostante tutto, la neve artificiale per avere gli alberghi pieni senza dover pensare a nuovi modelli di turismo?

Quanti cellulari, abiti, scarpe trasformiamo in spazzatura per effettiva fine vita del prodotto e non solo per comprarne di nuovi? Quanti di noi sono pronti ad accettare il superamento di una obsoleta e dannosa economia basata su consumismo e industrializzazione? Quanti di noi fanno attenzione ai piccoli comportamenti quotidiani che, modificati e sommati gli uni agli altri, potrebbero contribuire a produrre un moto reale di cambiamento?

Domande retoriche? A noi la risposta!

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