Progetto idroelettrico sull'Adige Attenzione agli aspetti critici

Progetto idroelettrico sull'AdigeAttenzione agli aspetti critici

di Luana Silveri

Giovedì scorso, a Pomarolo, è stato illustrato alla cittadinanza, il progetto di Aquafil Power s.r.l e SWS Engineering, per la costruzione di una centrale ad acqua fluente sul fiume Adige. L’impianto dovrebbe sorgere nel territorio dei Comuni di Pomarolo, Volano e Nomi, il procedimento iniziale era stato avviato nel 2013,rimase in stand by in attesa della definizione del nuovo Piano di tutela delle acque. Il progetto si è avvalso della collaborazione scientifica del CNR per la valutazione degli impatti ambientali dell’opera che, da progetto, consta anche di una serie di opere di mitigazione.

Parliamo di una centrale che sorgerebbe in destra fluviale, a monte del cavalcavia del comune di Pomarolo occupando un tratto di territorio di 200 metri, lavorerebbe grazie ad un salto indotto dalla traversa di circa 3 metri e produrrebbe un rigurgito di acqua di 3 km che arrivererebbe a toccare l’area Sic di Taio di Nomi.

Dall’invaso a monte della traversa, partirebbe il canale di derivazione per portare l’acqua alla centrale interrata (3 turbine Kaplan) e per la successiva restituzione tramite una bocca di uscita larga circa 70 m., tutto per produrre 2,99 MW di energia elettrica ( non si possono superare i 3MW/anno per poter rientrare nella categoria del cosiddetto “mini idroelettrico”).

Come se non bastassero le infrastrutturazioni della centrale, si aggiungono le trincee per mitigare l’eccesso di aumento della falda e il posizionamento di idrovore necessarie  per non far allagare le aree agricole e le abitazioni. Le azioni di mitigazione previste dal progetto sono la costruzione di una scala di risalita per i pesci, inserito in canale by pass rinaturalizzato di circa 200 m di lunghezza che occuperebbe i prati di fianco alla pista ciclabile, la rinaturalizzazione del canale Sant Antonio. Da tenere presente che questa opera si colloca in un’area classificata già ad alto rischio alluvione.

Il costo dell’opera è stimato sui 20 milioni di euro e si ipotizza un’ anno e mezzo per portarlo a termine.

Assistendo come cittadina la prima cosa che mi è parsa strana è stata la scelta della data per l’assemblea pubblica. La valutazione di impatto ambientale (Via) del progetto è stata depositata il 9 settembre 2015 con un annuncio (un trafiletto in fondo pagina) su uno solo dei quotidiani locali. L’istruttoria prevede che entro 60 giorni si possano inviare osservazioni in merito al progetto, queste poi andranno valutate dagli organismi competenti prima di chiudere il procedimento di valutazione in approvazione o respingimento del progetto.

In termini di onestà intellettuale vedo la prima falla, scegliere di presentare il progetto a tutta la cittadinanza coinvolta a soli 18 giorni dal termine ufficiale per la presentazione delle osservazioni. Per fortuna c’è stato un evidente vizio di forma, una modifica non inclusa nel progetto ma richiesta, che ha fatto slittare la data al 9 dicembre.

Questo rinvio, però, è venuto fuori solo giovedì scorso, dopo che qualcuno intervenendo dalla platea ha indotto i progettisti a rivelare la presenza di modifiche fuori progetto.

Insomma, è pur vero che il progetto è disponibile on line, ma non si è scelto di assicurare a queste informazioni la massima visibilità, non si è pensato di coinvolgere da subito la cittadinanza nelle decisioni riguardanti un’opera rilevante per la comunità dato che coinvolge l’uso di una risorsa pubblica. Un progetto che implica effetti collaterali  destinati a incidere direttamente sulla vita quotidiana della comunità intera.

Va tenuto presente, inoltre, che per ammissione dei medesimi progettisti, la versione illustrata giovedì sera, diversa da quella presentata pochi giorni fa ai sindaci, non va considerata definitiva bensì “attendibile”. Appare alquanto curioso che si presenti un progetto da valutare ma che “non è proprio del tutto definitivo poiché potrebbero esserci delle varianti in corso d’opera”.

Tralasciando questi aspetti, se vogliamo solo tecnici, la questione importante da rilevare è che leggendo il progetto si evince che si vuole fare uso a scopo di guadagno privato di un bene pubblico e limitato quale è l’acqua.
Il privato trae beneficio dall’uso di una risorsa che è di tutti, in cambio? In cambio accade che gli effetti negativi sono a carico, presente e soprattutto futuro, della collettività, esclusi pochi spiccioli all’anno e la misera quota che viene affrancata, teoricamente, tramite la progettazione di opere di mitigazione.

Il progetto presenta criticità strettamente tecniche inerenti l’innalzamento delle falde, con problemi al sistema agricolo locale nonché alla salubrità del tessuto infrastrutturale dei comuni.
Inoltre, a fronte di una concessione pubblica per 25 anni (rinnovabile), manca totalmente una analisi degli effetti  nel tempo, al saldo dei mutamenti globali e locali in atto, sia climatici sia socio-economici,.

Manca, ed è molto grave e sintomo di miopia, una analisi in termini di benefici ecosistemici persi/compromessi/guadagnati non per noi ma per le generazioni future, quelle che tra 25 anni si troveranno a dover fare i conti con l’eredità che oggi gli stiamo costruendo.

I dati scientifici portati dal CNR si riferiscono a informazioni storiche e ad altre, fornite dai progettisti, dell’ultimo anno e mezzo. Si fermano dunque ad una fotografia attuale. Ma dopo? Da qui a 5, 10, 25 e 30 anni?
Perché nessuno si è preoccupato di darci uno strumento valutativo veramente efficace per decidere? Noi oggi dovremmo decidere per qualcosa che riempirà in pochi anni le tasche del privato e che avrà un effetto sulla comunità dilatato in tempi molto più lunghi.

Dunque siamo sicuri che sia proprio tutto così green? Che cosa vuol dire green?

Qui la parola prende un po’ la forma del maquillage di marketing privato, si riferisce solo all’ipotetico abbattimento delle emissioni di CO2 dato dall’uso dell’idroelettrico al posto di energia da fonti fossili.

È così green tutto il processo di costruzione, cementificazione, infrastrutturazioni necessarie per la messa in opera del progetto e delle mitigazioni stesse?

Qualcuno ne ha tenuto conto, nella progettazione dei sistemi di mitigazione, degli eventuali danni all’economia agricola e dei mutamenti indotti sul paesaggio?
E sono green gli effetti a lungo termine? Qualcuno li ha valutati?

Forse è il momento di fare una riflessione profonda su concetti quali bene pubblico, limite e sostenibilità, legando questi concetti sia ai danni immediati all’ecosistema sia a effetti differiti nel tempo, che forse noi non vedremo ma che sicuramente influenzeranno la vita di chi ci sarà.
Gli strumenti valutativi ci sono e la collettività comincia a sviluppare una certa sensibilità, credo che il momento sia maturo per cominciare a sperimentare forme di concertazione davvero condivise, in cui anche il privato potrà trovare i suoi spazi ma accollandosi la sua parte di responsabilità nel processo di costruzione della vivibilità futura.

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