Alzheimer, una patologia familiare

di Tracce

Scusi, ma lei chi è?” Quando a chiederlo è la persona con cui hai vissuto per anni, magari tua madre o tuo padre, la cosa spaventa. Il pensiero va subito all’Alzheimer la più nota fra le demenze, malattie spesso progressive e irreversibili di cui si stima soffrano in Trentino 7000 persone, con più di 600 casi nuovi ogni anno. Patologie che potrebbero essere definite famigliari perché molti malati vivono o sono comunque seguiti dai loro cari con conseguenze organizzative, gestionali, ma soprattutto psicologiche sui cosiddetti caregivers. “I sintomi cognitivi come la perdita della memoria, il disorientamento e l’incapacità di apprendere nuove informazioni - spiega la dottoressa Floriana Giraudo neuropsicologa specializzata nei progetti per la terza età - sono sicuramente importanti, ma non ancora sufficienti per poter diagnosticare una demenza. Per farlo occorre che ci sia anche una perdita delle capacità funzionali, ovvero che la persona non sia più in grado di compiere attività che fino ad allora faceva con facilità, come ad esempio la spesa, le faccende domestiche o percorrere tragitti usuali senza perdersi”. Di fronte a segni di smemoratezza o disorientamento non bisogna perciò allarmarsi, ma è opportuno rivolgersi al medico di base; lui può verificare se si tratta di una condizione transitoria o decidere di fare approfondimenti indirizzando il paziente presso i Centri per i disturbi cognitivi e le demenze specificatamente deputati alla diagnosi e all’impostazione della terapia farmacologica. “Ai deficit cognitivi e funzionali - spiega ancora la dottoressa Giraudo - si aggiungono nel tempo sintomi di tipo comportamentale e affettivo: cambia il tono dell’umore, le modalità di relazione con gli altri con comportamenti che possono talvolta anche diventare aggressivi. Ed è proprio su questi che è importante agire, per il malato ma anche per i famigliari. I comportamenti bizzarri o apparentemente incongrui rispetto alla situazione sono in realtà la conseguenza di tanti fattori, primo fra i quali il fatto che la persona perdendo le sue capacità cognitive e di valutazione non sa più comunicare i suoi bisogni. Imparare a riconoscere e a soddisfare le sue necessità consente di evitare che il malato abbia reazioni di tipo catastrofico”. Cura e assistenza Il quadro dei servizi specializzati delineato dal Piano per le demenze adottato a maggio dalla Giunta provinciale contempla i Centri incaricati della diagnosi e dell’impostazione delle terapie farmacologiche, i punti di ascolto per malati e familiari, le RSA (190 posti in 22 strutture), i centri diurni (uno a Trento e uno a Rovereto) e infine l’assistenza domiciliare specializzata sperimentata nel 2013 ed entrata a regime quest’anno che può prendere in carico fino a 80 persone ed affidata alle cooperative sociali Spes, Vales, Sad, Fai, Antropos e Assistenza. Il nuovo Piano prevede una serie di miglioramenti da realizzare entro 5 anni, tra i quali il potenziamento e l’estensione di alcuni servizi, la tempestività della diagnosi, la gradazione delle misure in base all’intensità dei bisogni, la messa in rete dei soggetti dedicati a quest’ambito di assistenza e cura. Tra i molti soggetti attivi sul territorio ci sono le Associazioni Alzheimer particolarmente impegnate, oltrechè in attività di orientamento e prevenzione, nell’informare e sensibilizzare la comunità sia per ridurre lo stigma sociale che ancora circonda questa malattia, sia per raccogliere volontari che diano sostengo ai malati e ai loro familiari. Attività queste che raggiungono il culmine a settembre con diverse iniziative culturali dedicate di cui parleremo sul prossimo numero di Tracce e sul blog.

 

di Silvia De Vogli

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