La punizione di Ilunga Mwepu

La punizione di Ilunga Mwepu

di Andrea Coali

È da qualche giorno che sui social vedo girare un video del 1974 in cui un calciatore, in occasione di un calcio di punizione per gli avversari, si stacca dalla barriera, corre verso il pallone lo calcia in tribuna. Incuriosito, mi sono informato sul perché di questo gesto e la storia che ho trovato è veramente particolare. Il calciatore in questione si chiamava Joseph Ilunga Mwepu, deceduto lo scorso venerdì in Congo. Ma perché, a suo tempo, aveva compiuto quel gesto all’apparenza ridicolo?

La partita “incriminata” è Zaire (ora Repubblica Democratica del Congo) contro Brasile, valida per la fase a gironi dei Mondiali del 1974. In quel periodo lo Zaire era governato dal dittatore Mobutu Sese Seko, che prese il potere dopo i colpi di stato del 1960 e del 1965 supportato dagli Stati Uniti in virtù delle sue posizioni anti-comuniste.  Il suo governo era caratterizzato da corruzione, nepotismo, sfruttamento delle ricchezze pubbliche, violazione dei diritti umani. Insomma, non proprio un gran condottiero. Ma cosa c’entra questo con il calcio? Beh, il Mondiale del 1974 è stato il primo per lo Zaire e Mobutu vide nel torneo una grossa opportunità per ottenere visibilità a livello internazionale. La prima partita contro la Jugoslavia fu un disastro: 9-0 per gli avversari. Fu così che Mobutu, infastidito, fece recapitare un messaggio ben chiaro ai giocatori della sua nazionale in vista della partita del Brasile: se avessero perso più di 3-0 al ritorno a casa, invece delle promesse ricchezze, avrebbero trovato le loro tombe.

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Si può facilmente capire quale fosse lo stato d’animo dei giocatori africani. Figurarsi poi in una partita contro il plurititolato Brasile. E così, quel 22 giugno 1974 lo Zaire si trova sotto 3-0 contro i verdeoro. Punizione contro: Rivelino, uno dei migliori tiratori a livello mondiale, si appresta a battere. Dalla barriera però corre improvvisamente Mwepu e scaglia via il pallone. Il giocatore viene ammonito, sotto gli sguardi attoniti e anche divertiti di pubblico e giocatori avversari, per quel gesto incomprensibile e “ridicolo”. Una delle prime spiegazioni date dai giornali il giorno seguente infatti ironizzava sul fatto che l’africano non conoscesse il regolamento del gioco.
Siamo nel 2002 quando, in un’intervista alla BBC, Mwepu racconta la sua versione dei fatti, rivelando la minaccia del dittatore: “Pensavamo che saremmo diventati ricchi, appena tornati in Africa, ma dopo la prima sconfitta venimmo a sapere che non saremmo mai stati pagati e quando perdemmo 9-0 con la Jugoslavia gli uomini di Mobutu ci vennero a minacciare. Se avessimo perso con più di tre gol di scarto col Brasile, ci dissero, nessuno di noi sarebbe tornato a casa”.

Il gesto di Mwepu era servito: i giocatori del Brasile hanno inconsciamente capito, evitando di infierire sul malcapitato Zaire. È stato il gesto di un uomo impaurito, desideroso di vivere e cittadino di un paese che, a parte i voleri del suo dittatore, non aveva altri obiettivi. Solo così l’azione di Mwepu può essere capita. Non un errore o un gesto stupido, ma un tentativo di salvare la vita a sé e ai suoi compagni. 

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