Quando l’ossigeno scarseggia!

Quando l’ossigeno scarseggia!

di Alessandro Beber

Viste le tante situazioni pazzesche e fuori dagli schemi che capita di vivere in montagna, ho pensato di inaugurare un capitolo dedicato agli aneddoti esileranti raccolti nel tempo da amici e conoscenti.
Partiamo dalla spassosa disavventura capitata qualche anno fa al mio collega guida alpina Simone Banal.
Ambientazione: Cabane de Tracuit 3256m, Corona Imperiale, Svizzera.

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Per le escursioni in quota su ghiacciaio è preferibile partire molto presto al mattino per trovare la neve ancora indurita dal rigelo notturno e soprattutto per ragioni di sicurezza, in quanto nelle ore più calde della giornata aumenta il pericolo di crolli di ghiaccio dai seracchi, e i ponti di neve che consentono di superare i crepacci diventano inaffidabili. Si parte tipicamente quando è ancora notte fonda, all’una come alle cinque, a seconda della lunghezza dell’ascensione in programma.
Quando i rifugi sono molto affollati, come capita nelle giornate estive di bel tempo, i gestori preferiscono scaglionare i turni delle colazioni, in maniera da diminuire i tempi di attesa e riuscire a servire tutti quanti senza troppo caos.

Quella volta Simone era finito col suo gruppo nell’ultimo turno, alle cinque del mattino. Dopo aver trangugiato thè, pane, burro e marmellata, esce per mettersi gli scarponi... ma nella scarpiera non li trova più.
Guarda, cerca, fruga dovunque, ma dei suoi scarponi nessuna traccia!
Panico. Com’è possibile? Rubare degli scarponi in un rifugio a 3500m di quota... ci vuole una bella fantasia! Ma d’altronde l’evidenza è schiacciante: nessun numero compatibile rimasto in scarpiera, e quindi non può trattarsi di uno scambio accidentale.

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Come potete immaginare è fuori luogo accompagnare un gruppo sulla cima di un 4000 in ciabatte, e quindi Simone si trova costretto ad affidare i propri clienti ad un collega che fortunatamente si trova ancora in rifugio.
Risolta l’emergenza principale, sale la rabbia: 500km per venire da Trento fino a qui e ritrovarsi bloccati in rifugio scalzi, con fuori un cielo terso senza nemmeno una nuvola... darebbe fastidio a chiunque, figuratevi se poi vi trovate lì per lavoro.

Simone l’appiedato decide quindi di piazzarsi sulla soglia del rifugio in attesa degli alpinisti che rientrano dalla cima del Bishorn. Il ragionamento è semplice: la via di rientro passa forzatamente di lì, e nessuno ruberebbe degli scarponi alle quattro del mattino per scapparsene a valle... quindi il malfattore deve averli nascosti nello zaino, ma due scarponi d’alta quota numero 44 occupano un certo spazio, e dovrebbero aumentare a dismisura il volume del bagaglio rendendolo facilmente avvistabile.

Quel che vede Simone qualche ora più tardi invece è ben diverso... In mezzo alla colonna di alpinisti che scendono lungo la traccia sul ghiacciaio, risalta una strana figura ad L, che sembra avere piedi smisuratamente lunghi. L’andatura è quella barcollante dei clown, che devono costantemente badare a non inciamparsi nelle proprie scarpe oversize.
Simone la nota a molte centinaia di metri di distanza, ma quando questa si avvicina riesce a distinguere una ragazza minuta, diciamo sul metro e sessanta, con ai piedi... i suoi scarponi !!

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L’incredulità quasi gli toglie il fiato, ma si fa coraggio ed avanza per chiedere spiegazioni: «Scusa sai - si sente rispondere - ma non me n’ero proprio accorta! Sono stati i miei compagni a farmi notare che camminavo un po’ strana, ma ormai eravamo già alti verso la cima». «Ah, vabbè, ma che numero hai scusa?», «Il 38!», «E non hai sentito i piedi che ballavano negli scarponi?», «No, ho solo pensato che erano più comodi del solito!». «Ma i ramponi? Come hai fatto? Avrai dovuto cambiare regolazione?», «Nient’affatto. Però in effetti mi sono stupita, perchè l’ultima volta che li ho usati avevo regolato i ramponi sugli scarponi da snowboard, e stamattina magicamente calvano giusti anche su questi... ma scusa, non hai trovato in scarpiera i miei scarponi che sono dello stesso modello? Potevi anche capirlo che c’era stato uno scambio». «No, scusami non l’avevo proprio intuito. Gli scarponi simili ai miei li ho visti, ma a parte che erano dalla parte opposta e tre scaffali più in basso, essendo sei numeri più piccoli onestamente non pensavo...».

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Da quel giorno, Simone quando va per rifugi si è fatto più accorto nel riporre la propria attrezzatura al riparo da occhi assonnati, anche se non ha seguito il mio consiglio di legare saldamente assieme gli scarponi e metterli in bella vista, per provare a scovare qualcuno in grado di avventurarsi sul ghiacciaio saltellando beatamente a piedi uniti.

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