Il sacco di Roma e le troppe vite calpestate

Il sacco di Roma e le troppe vite calpestate

di Sandra Tafner - NO

Nel panorama generale è più facile scorgere nuvoloni neri che orizzonti rosa. Eppure sarebbe così bello il mondo e sarebbe bella anche la vita, se tutti sapessero guardare con occhi limpidi e sorridere con sorrisi sinceri. Purtroppo, accanto alle notizie sconvolgenti d'ogni giorno, le immagini parlano anche più forte ed è sufficiente una fotografia di certi visi per capire che la risalita sarà molto lunga. Gli occhi persi e il ghigno cattivo e stupido parlano di scalmanati e violenti che ormai si esibiscono ogni giorno. E per non andare lontani, per non attraversare il mare dove si consumano terribili, inconcepibili tragedie, basta guardare sconsolatamente quel che succede a due passi da casa. 

I fatti recenti di Roma. Sarebbe già un traguardo farsi dire il perché, chiedere a quegli esseri corrosi dall'alcol e dall'ignoranza perché hanno fatto quello scempio che li appaga. È un atto di coraggio? È un atto di protesta? È un atto senza motivo? Dicessero il perché sarebbe forse possibile aiutarli prima ancora che difenderci, aiutarli a cancellare dalle loro facce quell'espressione di falliti. Parlare delle conseguenze, di chi pagherà i restauri, delle responsabilità palleggiate, di certe quantomeno strane dichiarazioni da parte di chi avrebbe dovuto prevenire e intervenire in maniera adeguata, è certamente importante. Ma la cosa più triste è il sapere che quei vandali definiti hooligans, quasi per attenuare il concetto di teppismo, passata la sbornia e tornati a casa la prossima volta saranno pronti a rifare le stesse bravate. O lo saranno altri che hanno la loro stessa faccia e la loro stessa testa sotto vuoto.

Fa niente se non sanno chi è il Bernini, ma l'aver scambiato la barcaccia per un vespasiano o per il Crm di piazza di Spagna è grave di per sé, dimostra il totale disprezzo per la cosa pubblica prima ancora che per un'opera d'arte. Se non facessero rabbia quasi quasi farebbero pena. E forse è proprio questo il giudizio che temono di più, perché vuol dire che sono stati scoperti per quello che sono, poveri frustrati che hanno soltanto i muscoli da esibire.
I cittadini non ne possono più. Dappertutto stanno suonando campanelli d'allarme. E se basta una partita di calcio per scatenare la furia, immaginiamo quel che può suggerire una fede mal interpretata che vuole imporre l'idea ad ogni costo. Vite umane calpestate e deturpate insieme alle cose e alle terre dagli spazi sconfinati e dai meravigliosi colori. Anche in questi casi basta la fotografia di certi visi, occhi stralunati, espressioni esagitate, dita che inneggiano alla vittoria. Vittoria di che e su che cosa?

Visto che da quelle parti il dialogo sembra impraticabile, resta da risalire alle cause, terreno sul quale ci imbatteremmo in strati enormi di errori compiuti. Da tanti, da tutti, da qualcuno. Da oggi, da prima, da sempre. Cause da rimuovere, errori da non ripetere, situazioni da rimediare. Purtroppo non è il solo fronte sul quale intervenire, perché contestualmente andrebbe ricostruita anche la fiducia della gente. «Non so più a chi credere - affermava sconsolato un ucraino abitante di Donetsk, dove il cessate il fuoco non era cessato - avevamo creduto alla promessa di un po' di serenità, ma come sempre ci hanno raccontato una bugia. Siamo esausti e disillusi». La serenità purtroppo è lontana.

Intanto le statistiche vanno alla ricerca di dati che confermino quello che la realtà ha già dimostrato. Per limitarsi al nostro Paese, pare che soltanto il 14 per cento abbia espresso soddisfazione per la giornata appena trascorsa. E su altri Paesi è meglio sorvolare.

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