Hooligans e vandalismi, difficile trovare soluzioni

di Andrea Coali

Probabilmente è sempre la solita storia, il solito discorso sul tifo sano e il tifo malato. Però, ancora una volta, è il calcio che ci fornisce una concezione di tifo decisamente vergognosa. Piccola consolazione: almeno questa volta non è responsabilità di “tifosi” italiani.

Sto ovviamente parlando di quello che è successo a Roma nei giorni scorsi, con i tifosi del Feyenoord che hanno letteralmente invaso la città, danneggiando strade e monumenti, costringendo negozianti a chiudere e persone a non uscire di casa per paura di risse o pestaggi.

In molti si sono chiesti dove fossero le forze dell’ordine o perché a questi tifosi fosse concesso di girare liberamente per le strade della Capitale. Beh, quest’ultima domanda penso che debba far riflettere, e non poco. A parer mio non si tratta tanto dello spiegamento di forze dell’ordine o altro, quanto della concezione che sta alla base di un comportamento del genere.

Mi scuso coi lettori appassionati di pallone, però non mi è mai successo di vedere disordini in centro città per partite di altri sport. È ovvio che si parla di numeri diversi, ma è soprattutto il calcio che ci regala questi momenti di violenza e disordine legati alle sue pseudo-tifoserie.

Per me lo sport è una festa, un momento di svago e anche di sfogo, ma sicuramente non un pretesto per mettere sottosopra una città. È triste vedere che per alcune persone (una minoranza, fortunatamente) lo sport sia legato al bisogno di violenza.

Pensare ad una soluzione è difficile: più che processare e punire in modo severo queste persone, cosa si può fare? Forse, se certe persone sono note alle forze dell’ordine del proprio Paese per non essere proprio degli stinchi di santo, non gli dovrebbe essere permesso di andare in trasferta? Sono temi molto delicati e che riguardano sfere importanti, come la libertà di movimento, per di più all’interno dell’Unione europea: e voi, cosa ne pensate?

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