Lo spettacolo di Sanremo e quello del Parlamento

Lo spettacolo di Sanremo e quello del Parlamento

di Sandra Tafner - NO

Non dite mai «era meglio una volta», perché ci sarà sempre qualcuno che vi prende in giro, che vi dà del dinosauro e che sbuffando alza gli occhi al cielo. Potete pensarlo, ma senza crogiolarvi nella nostalgia, solo per dimostrare a voi stessi che non necessariamente bisogna prendere per buono, sempre e comunque, tutto quello che la modernità propina per il solo fatto che è frutto dei tempi nuovi.

Diciamo del Festival di Sanremo, ad esempio, e come non parlare di un evento nazionale capace perfino di far passare in secondo piano le contestuali vergogne di Montecitorio, là dove un tempo sedevano persone di buonsenso (non tutte, ma gran parte), che proponevano cose sagge e le mettevano in pratica, governando per il bene del Paese, come adesso si usa dire e ripetere ma più raramente fare. Quest'anno più che mai il Festival (condotto bene e con un'offerta canora migliore di tante altre volte) ha monopolizzato l'interesse della gente in cerca di un momento di svago per staccare dalla grigia routine e anche dalla tristezza quotidiana.

Fin dal suo nascere la trasmissione ha potuto contare su un pubblico fedele, ma l'affetto aveva anche la ricompensa di molta musica bella, piacevole, cantata da personaggi veri che sapevano attirare l'attenzione anche se ascoltati a occhi chiusi, al di là di look tragicomici, di capigliature leonine, di gestualità sproporzionata. E non necessariamente offrivano soltanto languori, amore in rima con cuore (una rima peraltro senza tempo), donne che pregavano con Nilla Pizzi, colombe che volavano, papaveri e viali d'autunno. Modugno era arrivato nel 1958 a dare una scossa di modernità - come racconta il maestro Armando Franceschini - con «Volare» (il titolo in realtà era «Nel blu dipinto di blu») diventata subito la bandiera della musica italiana, quasi un inno nazionale. Il vento nuovo era arrivato sulle ali di un testo intelligente sposato a note intelligenti. Perfino Ella Fitzgerald lo inserì nel suo repertorio.

Anche questo Festival, più popolare e anche più brillante degli anni scorsi, è stato consumato. Sabato la maratona si è conclusa con un bilancio più che mai positivo accontentando anche quelli che «era meglio una volta», rifugiati nel revival che ha riproposto vecchie splendide canzoni. Ma in realtà un filo sottile ha legato le serate a un passato riproposto anche da forze giovani entusiaste di appropriarsene, così come il pubblico e le giurie si sono dimostrati entusiasti di goderne spirito e valore.

Lo spettacolo di Sanremo adesso è finito e da oggi resta lo spettacolo del Parlamento, che insegna ai giovani come si fa a far valere le proprie idee con la forza, cosa vuol dire rispettare gli altri, a che servono le deleghe dei cittadini. Poi, a più ampio raggio, resta anche lo spettacolo dell'idiozia umana che sta massacrando il mondo e chi lo abita. Così vediamo uomini convinti da irresponsabili a stiparsi sui barconi, illudendosi così di approdare su rive sicure e invece destinati a morire in fondo al mare. Vediamo terroristi che si fanno saltare in aria insieme a chi li circonda e che non c'entrano per niente. Vediamo capi di Stato che siglano tregue posticipate, cosicchè nel frattempo si continua a sparare spegnendo vite e speranze. Vediamo tragedie in diretta e teste mozzate e persone dalla dignità calpestata. Vediamo terre meravigliose strapazzate da guerre assurde. «La pace è sempre possibile, sempre possibile, e dobbiamo cercarla», dice papa Francesco in piazza S. Pietro. Purtroppo al momento pare che il verbo preferisca il condizionale. E anche in occasione dei rintocchi di Maria Dolens, la campana dei Caduti di Rovereto, il Papa ripete: «Mai più vi siano guerre, mai più». Sarebbe una cosa intelligente.

Non si può nemmeno dire, in questo caso, che «era meglio una volta», perché anche una volta c'erano guerre che portavano stragi e dolore. E dire che fin dai tempi di Aristotele si affermava che la pace è la condizione necessaria perché gli uomini possano raggiungere la felicità. Purtroppo, stando ai fatti, nessuno ci ha mai creduto e a nessuno interessa la felicità. Si vis pacem para bellum, dicevano i latini. Se vuoi la pace, prepara la guerra. Un credo che fino ad oggi ha sempre avuto seguaci devoti.

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