Mangio dunque sono

Mangio dunque sono

di Maurizia Scaletti

Mi alzo la mattina ed il caffè è necessario, come l’aria che respiro, ma non ho tempo. Che cosa assurda, è come dire che non ho tempo di respirare! E allora la colazione, il pasto più importante della giornata (lo so che lo è, razionalmente lo so!) diventa un caffè veloce, magari mentre infilo le scarpe o mi faccio la coda ai capelli! Non posso fare altrimenti, mi giustifico, perché non ho tempo, nessuno di noi ha tempo, sembriamo tanti Bianconiglio (avete presente il personaggio di Alice nel Paese delle meraviglie? Quello che ripete in continuazione: Sono in ritardo sono in ritardo sono in ritardo…) che corrono indaffarati senza una meta precisa. Quante volte ho ripetuto che mi sarebbero necessarie 36 ore al giorno o anche di più per fare tutto ciò che devo?! Che espressione assurda! C’è chi ha cambiato il mondo, rivoluzionato la società e fatto invenzioni straordinarie, ed ha avuto a disposizione lo stesso tempo che ho io, che abbiamo tutti!

Eppure la mia giornata prosegue così: snack di metà mattina? Si, sempre se me lo ricordo, presa come sono dalle mille cose da fare.

Ora di pranzo: un piatto di pasta, o un trancio di pizza, o un panino (?!?) davanti al computer o al tablet o allo smartphone perché devo finire un lavoro urgente o per non perdere neanche un attimo, almeno dò uno sguardo a facebook o alla posta elettronica….
Merenda??? Questa sconosciuta… Ora di cena, finalmente a casa, finalmente il ritmo rallenta, finalmente ci godiamo il momento. Mi piace cucinare, accendo la musica, mi rilasso, ma la fantasia è poca e soprattutto…. Chi ha fatto in tempo a fare la spesa?

Ecco in poche righe il racconto nutrizionale di una «giornata tipo», in cui tanti di noi possono, almeno un po’, riconoscersi. E poi ci lanciamo in diete esasperate ed esasperanti (per chi ci sta intorno) perché arrivano i momenti, sempre gli stessi nell’arco dell’anno, della resa dei conti.

Ricordo che le raccomandazioni degli esperti (www.fondazioneveronesi.it) ci invitano caldamente a mangiare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno abbinando 5 colori. Regole semplici, persino simpatiche, che stimolano la nostra creatività di chef amatoriali perché preparare e servire un bel piatto colorato è decisamente più invitante. Ma allora perché ciò che razionalmente è così facile da dire e da capire, non lo è altrettanto quando proviamo a metterlo in atto?

Intendo dire: sappiamo che questo tipo di vita e di alimentazione (fuori controllo) non è salutare, sappiamo che il mangiare in modo regolare, sereno, lento e magari anche in compagnia ci fa molto meglio delle corse e della fretta, che ci abbruttiscono, eppure cadiamo spesso in questa rete. Abbiamo tutti le nostre giustificazioni: il lavoro, le responsabilità, la famiglia, il tempo, le troppe cose da fare, ma la realtà è che siamo sprofondati in una comoda poltrona: la cattiva abitudine alimentare. E nessun pensiero razionale, nessuna regola imposta, nessuna rigida dieta potrà parlare efficacemente alla nostra mente inconscia, che comanda i comportamenti abitudinari e che su quella poltrona si è beatamente accomodata. Per comunicare con il nostro inconscio dobbiamo ritrovare il suo linguaggio e approcciarlo nel modo giusto: usiamo il linguaggio dei sensi e dell’immaginazione, riscopriamo la nostra capacità di visualizzare una realtà diversa, un presente in cui mangiamo cibi sani e nutrienti, in cui, da adesso (subito!) pianifico i pasti ed organizzo il mio tempo per dare al cibo il posto che si merita nella nostra vita.

D’altronde senza cibo non esisterebbe la vita…

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