Amici di chi non ha amici

Amici di chi non ha amici

di Vincenzo Passerini

«Coltivavo un desiderio: essere amico di coloro che non hanno amici». Così don Dante Clauser, morto due anni fa, l’11 febbraio (avrebbe compiuto i 90 anni a dicembre) spiegava le ragioni della sua scelta di fare il prete con i barboni. Con le persone più povere e disprezzate.

Un uomo straordinario. Che amava la vita. Amava la buona tavola, la compagnia, i canti, gli scherzi. Era un uomo in carne ed ossa. Ma più di tutto amava i poveri, sentiva che poteva predicare il Vangelo soltanto se diventava fratello dei più poveri. Una passione, un desiderio che lo ha accompagnato per tutta la vita. Fin da quando, giovane prete a Calavino, dava un tetto e un pasto a tanti bambini rimasti soli dopo la guerra. Altre esperienze di aiuto alla gioventù più povera le avrebbe poi fatte a Bolzano e a Levico. E nelle parrocchie di Vignola, Vezzano e infine di S. Pietro a Trento.
 
Ma non gli bastava. Voleva dedicare totalmente la vita ai poveri. Così, a 54 anni, chiese al Vescovo di lasciare la parrocchia di S. Pietro e di andare a vivere accanto ai barboni, anzi, con loro. Con alcuni di loro andò proprio a vivere in un appartamentino in piazza Lodron, a Trento. Era il 1977.

Da quella esperienza sarebbe nato, un paio d’anni dopo, il Punto d’incontro, la cooperativa sociale che accoglie le persone senza dimora. Oggi ne accoglie tra le 150 e le 200, ogni giorno. Sono aumentate di numero. Bisogna che aumentino anche i loro amici.

 

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