Mart, l'addio della Collu e le prospettive di chi resta

di Franco De Battaglia

Come già sapete lascio il museo dove ho trascorso tre anni davvero formidabili durante i quali la vostra attenzione, la vostra curiosità e il vostro desiderio di restituire alla comunità il lavoro del museo e mio, è stato un elemento fondamentale del successo delle nostre iniziative e della diffusione delle nostre attività. Ho molto apprezzato la vostra professionalità, correttezza e sensibilità sempre esercitata attraverso un senso critico vigile, costruttivo e aperto. Vi ringrazio infinitamente e vi faccio i migliori auguri non solo per questo nuovo anno ma per tutti i vostri progetti, le vostre magnifiche ossessioni e il vostro museo.

Cristiana Collu, direttore Mart

È questo il saluto che la direttrice Cristiana Collu ha rivolto, prima della sua partenza da Rovereto, a tutto il personale del Mart e agli Amici del museo. È bene sottolinearlo, non solo per ringraziarla del suo impegno, ma anche per ricordare che il Mart non è solo un direttore, un'amministrazione comunale o un assessorato provinciale, anche se da lì vengono i finanziamenti, ma rappresenta una profonda realtà di cultura provinciale, sostenuta da cittadini e Amici che l'hanno appoggiata e continuano ad incentivarla con il loro sostengo annuale. Tessere con cifre modeste? Forse, ma commisurate alle possibilità di ognuno, significative di una presenza, di una partecipazione. Sono gli stessi «Amici» i cui nomi compaiono nelle tabelle all'ingresso delle sale, e che all'indomani dell'inaugurazione, nel 2002, su sollecitazione del professor Pierangelo Schiera, allora membro del comitato scientifico, si erano dichiarati disposti a tassarsi per finanziare l'acquisto dello splendido Segantini («la Primavera») che apriva la mostra iniziale. Il costo era alto, ma il richiamo sicuro (si vedano le folle in questi giorni a Palazzo Reale di Milano per ammirare proprio Segantini) e si era arrivati a coprire quasi metà del «costo» della tela.

Sarebbe bastato «crederci» un po', per raggiungere l'obiettivo. Trento avrebbe così avuto quella grande opera segantiniana che, come suggeriva Paolo Vallorz, poteva rappresentare al tempo stesso un'icona di richiamo identitario e una promozione di marketing europeo. Non se ne fece nulla, e lo ricordiamo non tanto per rimpiangere le occasioni perdute (lo stesso Vallorz è stato costretto a ritirare la sua donazione alle Albere, il Trentino è famoso per iniziare grandi disegni e lasciarli a metà, rischia di accadere anche al Muse se non gli si darà in tempo una cornice urbanistica adeguata, se lo si lascerà nel deserto di un quartiere spettrale) ma per non cadere nei medesimi errori, scaricando tutti i problemi non risolti sulle spalle della direttrice che se ne va e rivolgendosi, per la sua sostituzione, agli stessi «cacciatori di teste» che l'avevano indicata. Non è un po' contradditorio? Ma non s'è ancora capito che, nell'arte, come nell'industria o nella pubblica amministrazione, non si possono nominare i dirigenti così? Facendoli scegliere fra 98 «curricula» (non persone!) che tanti sono pretendenti alla successione della Collu?

Non s'è capito che un direttore non ha la bacchetta magica, ma deve crescere con la struttura che coordina, deve essere «fatto crescere» da quelli con cui lavora? Cristiana Collu avrà un carattere difficile, a tratti scontroso, ma si è presentata con un allestimento geniale, «La magnifica ossessione», che non è stato «fatto capire» a sufficienza e promosso abbastanza, ma che con alcuni aggiustamenti potrebbe diventare una «permanente», capace di caratterizzare in modo originalissimo il Mart. Poi ha dato un segno forte di successo con Antonello e il Ritratto e ha allestito una mostra sulla Grande Guerra che ha fatto da «trailer» al Museo della Guerra di Rovereto (non a caso quest'anno preso d'assalto, anche per merito del Mart). Ora se ne va avendo nel cassetto un progetto di mostra su «La notte» (e l'alba che la segue) ricchissimo di suggestioni pittoriche, dolcezze e incubi ? (e basti pensare agli studi di risonanza mondiale sulla «luna» nei dipinti del grandissimo Van Eyck, del nostro Renzo Leonardi, fisico e acutissimo conoscitore d'arte).

Non vogliamo rubare il mestiere alla Collu, ma certo una mostra così il Mart dovrebbe recuperarla, e forse avrebbe potuto anche farlo se «l'addio» della direttrice fosse stato accolto almeno con più partecipazione dai vertici del museo. Peccato che la presidente e l'assessore competente non fossero presenti al commiato. Avrebbero potuto e dovuto in quell'occasione confermare la «mission» d'eccellenza del Mart a tutti gli appassionati che al museo credono, e a tutti i collaboratori che del museo sono la vera forza, cresciuti con professionalità rara: 55 dipendenti, 29 collaboratori, 9 stagisti che imparano, 18 volontari, 50 addetti ai servizi di appalto. È questo il vero patrimonio del Mart, a questo serve un museo, non solo a richiamare visitatori, ma a costruire personalità e professionalità nella didattica, nel gusto, nelle relazioni. I direttori passano, ma i collaboratori restano, e vanno rassicurati, motivati, sostenuti.


fdebattaglia@katamail.com

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