Il meteo impazzito e le nostre colpe

Il meteo impazzito e le nostre colpe

di Sandra Tafner - NO

Appena un assaggio di neve nel fine settimana, tanto per ricordare come dovrebbe essere l’inverno. Quello normale al quale eravamo abituati fino a qualche anno fa, non quello eccezionale che ha sommerso l’Italia nel 1985, come ha ricordato una bella mostra fotografica di Alessandro Cagol e Roberto Bernardinatti. Allora per quattro giorni, dal 13 al 16 gennaio, i fiocchi non ebbero tregua, le strade erano diventate piste da sci, in piazza Duomo piccole colline dalle quali per gioco si scendeva con la slitta. Il giorno prima i meteorologi avevano dichiarato che non ci sarebbe stata alcuna ondata di gelo proveniente dalla Russia, ma i -11 di Bolzano, i -13 di Firenze e tutta l’Italia più o meno sotto zero dimostrarono il contrario.
Ovviamente le previsioni del tempo si sono poi andate perfezionando, ma ciò non toglie che pochi giorni fa a New York ci si aspettasse il finimondo, un uragano di neve annunciato, scuole chiuse, voli aerei sospesi, 1.800 spazzaneve mobilitati, coprifuoco e approvvigionamento di viveri. Il tutto risolto poi con uno strato assolutamente calpestabile per la felicità dei bambini. Nessuno è perfetto, insomma, e così nell’opinione pubblica, proprio quella attaccata alle previsioni come fossero il vangelo, corre ancora l’idea che i meteorologi non ci azzecchino mai. Una contraddizione evidente.

È vero invece che il riscaldamento globale ha contribuito a scombussolare i ritmi della natura, facendo perdere il ricordo del caldo intenso d’estate e del freddo pungente d’inverno. Lo affermava anche il climatologo Luca Mercalli annunciando, appena dopo Natale, l’arrivo dell’aria fredda a sostituire l’aria tiepida mediterranea che aveva fatto fiorire anzitempo il calicantus. E menomale, diceva, che così si torna alla normalità, altro che allarmi per un grande gelo con una temperatura che stentava invece a scendere sotto lo zero. Che dire allora di quei giorni, gli stessi giorni nel dicembre 1799, con un -20 al nord Italia e il fiume Po parzialmente coperto di ghiaccio.

Scetticismo a parte, dunque, siamo succubi delle previsioni, tanto da dimenticare come si fa a guardare il cielo o ad annusare l’aria per cogliere i segnali giusti. C’è ancora qualcuno però che parla con la natura e si affida all’esperienza, come i tre amici di Cuneo, Flavon e Dardine che interrogano - chissà se credendoci del tutto - le cipolle cosparse di sale. Infallibili, dicono. Ma siccome le cipolle prevedono un 2015 umido e uggioso, con un bel caldo estivo limitato al mese di luglio, l’unica speranza è che non siano più le cipolle di una volta.
Chi però con la meteorologia deve fare i conti - intesi proprio come conti - sono gli operatori turistici, che a suon di previsioni vedono fioccare le disdette vuoi per mancanza di neve in inverno, vuoi per eccesso di pioggia in estate. Perché, se una volta in montagna o al mare si andava comunque senza dipendere dalle bizzarrie del tempo, oggi tutto è legato al meteo, nessuno vuole più rischiare. Basta con le sorprese aprendo la finestra, ormai si pretendono soltanto certezze.

Con la meteorologia devono fare i conti anche gli studenti del liceo di Saluzzo. Succede infatti che la neve sia diventata un mezzo educativo, da quando il preside ha deciso di vietare la settimana bianca agli studenti che in pagella non riportino la sufficienza in tutte le materie. Non si userà più mettere dietro la lavagna chi si comporta male e non studia come dovrebbe, ma il castigo sembra che non sia tramontato, almeno a scuola, e che venga anzi ritenuto uno strumento positivo e di stimolo là dove non sono sufficienti l’opera di persuasione e il ragionamento. Niente montagna, dunque, ma in classe a seguire i corsi di recupero. In questo caso le previsioni sono proprio superflue. E sono addirittura impotenti di fronte ad eccessi sempre più frequenti - alluvioni, tracimazione dei corsi d’acqua, valanghe, slavine - eccessi dei quali siamo responsabili tutti.

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