Il Papa, i conigli e chi non vuol sentire

Il Papa, i conigli e chi non vuol sentire

di Franco De Battaglia

Responsabili e non conigli. Dispiace che Renzo Gubert abbia preso le parole del Papa come una disapprovazione delle sue scelte, un’offesa. A me sembra si faccia di tutto per non comprendere papa Francesco.
padre Giorgio Butterini - l’Adige 24 gennaio 2015


Già, si fa di tutto, anche da parte di persone colte, ha ragione padre Butterini, frate cappuccino. Perché questo malizioso prendere le parole del Papa e irriderle, anche quando ripetono espressioni comuni, usate per secoli dal popolo cristiano, dai parroci di paese, dai grandi predicatori? Forse perché si vuole un Papa apparentemente sacrale, ma in realtà lontano, ingoffato da stole e mantelline, incomprensibile nel linguaggio, dentro quel «teologhese» che fa rimpiangere il «latinorum» e che è diventato un vizio clericale peggio della mondanità? O forse perché si vuole un Papa che parli «ex-cathedra», e non «dall’aereo», così da lasciare il monopolio dei linguaggi nuovi ai media e ai «social network», che li usano come accette per il potere? Nessuno si azzarda a contestare le volgarità spesso insopportabili di spettacoli e rete, ma se il Papa cita appena conigli e grappa ecco subito un gridare allo scandalo e stracciarsi le vesti.
In realtà, par di capire, questo sentirsi offesi deriva da una doppia incomprensione del messaggio papale e della liberazione che esso porta con sé. A ben guardare il Papa che «viene da lontano» (non solo dall’emisfero australe, ma da esperienze lontane, eppure vive di Chiesa, come quella di Francesco, che si spogliò pubblicamente rifiutando le vesti del padre, come quella dei gesuiti in Paraguay, a difesa delle comunità degli indios contro il potere e la schiavitù …) non si vuole capirlo perché la dimensione vaticana è stata «spartita» per alcuni lustri da blandizie politiche che hanno inquinato modi e linguaggi: «Tu parla alto, che i mestieri bassi (e sporchi) li facciamo noi». Oggi che la parole della Chiesa tornano a mescolarsi con quelle di chi abita e soffre il mondo ne viene un corto circuito. E parimenti si dimenticano le parole dei molti preti del popolo, anche nelle parrocchie trentine, si scorda come parlava don Mario Bebber (il prete-poeta di «Amare sporca»), don Onorio Spada quando celebrava i suoi numerosi matrimoni, lo stesso don Vielmetti per far vibrare non solo l’intelligenza, ma la quotidianità, anche contraddittoria, di chi lo ascoltava.
La seconda incomprensione viene dal non voler capire che i «chat» del Papa gesuita sull’aereo, al ritorno dai viaggi, ad iniziare dall’ormai famoso «ma chi sono io per…» sui gay, non sono gaffe, ma tasselli di una voluta - e a nostro avviso meditata - pastorale a diecimila metri, davanti a giornalisti che scrivono per lo più per lettori non credenti, o distratti, o lontani, una pastorale che si affianca all’«urbi et orbi» di San Pietro, ma deve necessariamente usare un linguaggio diverso. Deve scuotere le coscienze dai «cliché» e soprattutto vuole insegnare ai sacerdoti a tornare ad ascoltare, con misericordia, nelle strade, dal momento che i confessionali restano vuoti.
Da questo punto di vista il riferimento alla responsabilità della coppia, sull’aereo nel volo da Manila, è stato tutt’altro che improvvido o irridente nei confronti delle famiglie che hanno la fortuna (e la possibilità) di essere numerose. Quello del Papa è stato infatti un richiamo alla responsabilità nei figli, che è cosa ben diversa dal numero programmato dei figli. Oggi occorre essere davvero responsabili, in tutta la gamma di paternità e maternità possibile, posto che i figli non si possono programmare (quante sono le coppie che li vorrebbero, ma non possono averli!) ma che la scienza, con studi e azioni di biologia cellulare, è in grado di determinarli (come avverte nel suo ultimo scritto sul «Corriere» Edoardo Bonicelli) anche senza genitorialità. Posto quindi che la trasmissione naturale della vita è stata scardinata, e verrà sicuramente manipolata per i fini più diversi (come sempre la vita viene manipolata, dalla corruzione dei piccoli alle guerre dei grandi …) solo la responsabilità di chi vorrà essere padre e madre potrà fornire un orientamento nella selva oscura che tende - la vita - ad opprimerla, determinarla, soggiogarla, rubarla. In questo contesto né il «crescete e moltiplicatevi» biblico, né l’onnipotenza biologica che la scienza mette in vendita, risultano più sufficienti ad indicare una bussola sicura alla coppia, cristiana o laica che sia. Ed ecco allora la metafora dei conigli su una famiglia non ineluttabile, ma responsabile, di cui la Chiesa e le famiglie sappiano tener conto.

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