Greta e Vanessa: il prezzo della vita

di Paolo Ghezzi

Non si può che essere felici della liberazione di Greta e Vanessa, giovani generose coraggiose volontarie italiane, rilasciate da Al Qaeda o da chi per lei, dietro pagamento di riscatto. Ma una democrazia civile non può non porsi (come del resto fanno le assicurazioni e i tribunali, con le loro tabelle) il problema economico, ed etico, del valore di una vita umana.

Anche se non fossero stati pagati 12 milioni di dollari, ma 2, si tratta comunque di una cifra enorme, fuori dalla portata dei privati e normali cittadini. Chi paga? Giusto che lo Stato paghi comunque o ci sono dei "se" e dei limiti di prezzo? Ed è giusto che per salvare due vite si diano ai terroristi le risorse finanziarie per fare duecento attentati e uccidere chissà quante persone?

Nel sistema capitalistico e nel sistema mediatico di oggi la vita di duemila nigeriani massacrati da Boko Haram vale evidentemente molto meno delle 12 vite stroncate dai terroristi a Parigi: anzi, vale proprio zero. La vita di un cronista americano o inglese (Usa e Uk, di norma, non pagano) è fuori tariffario: decapitazione inclusa nel viaggio. I volontari che vanno - generosamente, coraggiosamente - nelle aree di conflitto, sanno di essere una preziosa merce di scambio?


La vita di un italiano quanto vale?
E quanto è giusto pagarla?

Bentornate Greta e Vanessa, speriamo che torni anche padre Paolo Dall'Oglio, coraggioso testimone di pace in Siria, ma una democrazia come la nostra ha il dovere di rendere noto e pubblico il tariffario delle vite umane italiane. 

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