Cuba, embargo finito. Anche nello sport

di Andrea Coali

È di pochi giorni fa la storica notizia della fine dell’embargo tra Stati Uniti e Cuba: dopo 53 anni di reciproco isolamento ed indifferenza, il presidente americano Obama e quello cubano Raul Castro hanno deciso di riattivare i rapporti tra i due Stati. Si tratta di fatto di una svolta nel mondo delle relazioni internazionali: significa riattivare rapporti commerciali, politici ed economici tra due paesi appartenenti un tempo ai blocchi “rivali” della Guerra Fredda.

Ma cosa c’entra una vicenda di politica internazionale con lo sport? Beh, l’isolamento cubano e la sua particolarità politica si sono ripercosse anche sulla carriera di molti sportivi. Ad esempio una storia, che molti lettori appassionati di volley de L’Adige conosceranno, è quella di Osmany Juantorena. Il fenomeno cubano era emigrato regolarmente dall’isola e come conseguenza per essere “fuggito” dai campionati del suo paese, la sua federazione aveva bloccato il transfert internazionale, impedendo di fatto la partecipazione al campionato italiano per due anni: solo l’intervento della FIVB gli ha permesso di tornare in campo. Come lui molti altri giocatori e giocatrici: chi va a giocare fuori Cuba per tentare la carriera professionistica è automaticamente considerato un “dissidente” e viene escluso dal giro della Nazionale, che “pallavolisticamente” potrebbe tranquillamente essere una delle più forti al mondo se pensiamo ai giocatori cubani che hanno militato negli ultimi anni anche nel nostro campionato.

Già a settembre 2013 a Cuba erano stati fatti passi avanti nel mondo sportivo con una riforma interna che aveva riabilitato lo sport professionistico, di fatto abolito nel 1959, reintroducendo compensi in base ai risultati e riconoscendo anche le vittorie ottenute a livello internazionale. Chissà che con questa nuova apertura a livello internazionale, anche il mondo sportivo possa tornare ad affacciarsi alle più importanti platee mondiali ed a garantire agli atleti cubani all’estero l’emozione di poter giocare per il proprio paese.  

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