Per i bambini la morte è tabù

Dino Pedrotti

Halloween, la morte e i bambini: l'argomento mi è stato proposto da una mamma che si è trovata in difficoltà a rispondere alle domande dei suoi ragazzi sulla morte.
La morte riguarda ciascuno di noi, ma noi tendiamo a rimuovere l'argomento e ad esorcizzarlo, impreparati ad affrontarlo. Per molti la morte resta un «mistero». Le religioni ci danno risposte, sicure sì ma poco convincenti per i giovani. Secondo la Bibbia, la morte è una «condanna» legata al peccato originale di Adamo ed Eva (ma Gesù ha poi vinto la morte e ci ha aperto le porte di un paradiso). Il paradiso musulmano è però diverso da quello cristiano. Buddha promette una rinascita e il nirvana. Sulla vita dopo la morte sono stati scritti anche molti libri pseudoscientifici. Per la scienza la morte non è né un mistero né una condanna né un tabù: è un «fatto» che colpisce ogni essere.

 

Tre miliardi di anni fa non morivano le cellule che contenevano la prima molecola autoreplicante di Dna: si dividevano, dando origine a due o più nuovi individui, tutti con lo stesso Dna. Un miliardo di anni fa la selezione naturale ha premiato il meccanismo di «riproduzione sessuata», per cui due metà del Dna di due cellule si fondono, dando origine a una nuova cellula, con Dna diverso da quello dei genitori. Questo meccanismo, nell'ultimo miliardo di anni, ha dato origine a infinite specie di piante e animali, con individui maschi e femmine, tutti dotati di diversa costituzione genetica. E così 200.000 anni fa è comparsa anche la nostra specie umana, l'Homo sapiens.


Oggi noi siamo sicuri che, fino a 50.000 anni fa, l'Adamo primitivo non usava parole, per cui non poteva certo dialogare e disobbedire al Padreterno, come recita il mito biblico: nessuna «condanna divina» quindi. La morte di ogni essere vivente avviene, di regola e secondo natura, dopo l'età riproduttiva: la sessualità comporta anche la morte dell'individuo, dopo che questi ha trasmesso il Dna a una nuova generazione. Per i nostri figli noi dobbiamo morire: sarebbe per loro impossibile vivere in un mondo con genitori immortali.


L'uomo, si sa, è un animale dotato di un grande cervello, detto «trino» perché la nostra corteccia cerebrale (dove risiedono l'intelligenza, la mente, la ragione, la coscienza)si è sovrapposta a due vecchi «cervelli». Di fronte a stimoli esterni o interni l'uomo è libero di scegliere come comportarsi. E può scegliere di valorizzare un «cervello istintivo», orientato all'«avere» e al dominare, ereditato dai rettili di 300 milioni di anni fa (con i centri per la sopravvivenza dell'individuo e della specie: cibo, sesso, territorio). Oppure può valorizzare un suo «cervello emotivo» - presente nei mammiferi - orientato all'«apparire», al godere, con i centri del piacere, del desiderio. Terza opzione: può scegliere di «essere uomo-uomo», se ragiona sulle sue responsabilità verso il futuro e sulle conseguenze nel comportarsi da «uomo-caimano» o «uomo-scimmia».


Di fronte alla morte, l'uomo può quindi considerare la sua vita un «avere» da non perdere, e per questo può voler essere immortale, sognare di rinascere dopo morto e riavere la sua carne. Oppure arriva al suicidio o all'eutanasia, pensando di poter disporre liberamente di questo suo avere. Scrive Fromm: «Vivendo la modalità dell'avere non si può non temere la morte». L'uomo che ha paura della morte spesso si rifugia nel mondo dell'«apparire», utilizzando il suo «cervello emotivo». Se era potente vorrà che rimanga di lui una tomba speciale, magari con la salma mummificata...


C'è chi fa la retorica del morire per la patria o cita frasi celebri, come «muor giovane colui che al cielo è caro». E c'è chi banalizza la morte con Halloween. Ma, se vogliamo essere razionali e usare la nostra intelligenza per migliorare il futuro dell'umanità, dobbiamo anzitutto accettare la condizione umana mortale nel modo più sereno; e poi prevenire la morte, consapevoli che, se siamo vivi e sani, possiamo contribuire a migliorare le condizioni in cui vivranno i nostri figli e la comunità umana.Il Bambino ci guida, anche nel prepararci a finire bene l'avventura della vita.


Il «regno dell'Amore universale» viene costruito da ogni individuo che nella sua vita scende e aiuta «chi ha o chi è meno di lui», gli Ultimi in particolare. I bambini sono ultimi tra gli Ultimi, danno il miglior significato alla nostra vita e sono il simbolo più concreto del nostro futuro. Chi lavora o ha lavorato per gli Ultimi con generosità, in famiglia o nella società, è sereno e pronto a concludere la sua staffetta in questo splendido mondo. Questo dovrebbe valere per tutti, anche per l'agnostico che non si mette nelle mani di Dio.
dinopedrotti@libero.it

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