MOBBING, alla fine arriva il BELLO

di Andrea Tomasi

Alla fine arriva il bello... che è un po’ come dire che tutti i nodi arrivano al pettine. Il pettine, in questo caso, è quello dell’ufficio della consigliera di fiducia dell’Università di Trento, che si occupa di mobbing (il terrore psicologico sul luogo di lavoro prodotto dai superiori o dai colleghi).

 

Si tratta di una figura istituzionale, introdotta nell’ateneo con il «duplice scopo di prevenire l’escalation di casi che non sono ancora giuridicamente definibili “mobbing” e di aiutare gli utenti che si rivolgono all’ufficio a gestire i casi di disagio, individuando, dove possibile, delle soluzioni condivise ( a seconda dei casi, con colleghi, responsabili e dirigenti) con le procedure informali o formali».

 

La consigliera di fiducia è Barbara Giovanna Bello, avvocatessa impegnata nella tutela dei diritti umani, che - nella sua relazione  (aprile 2012-agosto 2013) scrive: «Nel primo triennio di attività dell’ ufficio in molti casi è stato possibile trovare tali soluzioni condivise, mentre in altri non ancora e confido che ciò avvenga nel prossimo futuro». Bene, ma vediamo nel dettaglio. Nella sua rapporto ha fatto una radiografia del «dietro le quinte» dell’università trentina.

 

In 20 mesi si sono rivolte a lei 32 persone: 7 docenti (di cui 2 uomini e 5 donne), 19 dipendenti amministrativi (8 uomini e 11 donne) e 6 studentesse e dottorande. «In 26 casi - si legge - le persone si sentivano mobbizzate. Nel caso degli studenti si trattava di attriti con personale docente o colleghi e, in un caso, di comportamento poco professionale da parte di un professore. Per quanto riguarda il personale tecnico amministrativo, in un terzo dei casi esaminati sono stati riscontrati elementi riconducibili a condotte mobbizzanti. (...) Un altro terzo dei casi consisteva in condotte da inquadrare come straining (una situazione di stress forzato sul posto di lavoro)».

 

E le restanti questioni sollevate? Nella testo della relazione si parla di «situazioni di sfiducia circa la possibilità di risolvere condizioni di incomprensione e conflittualità con colleghi o responsabili o dirigenti in merito ai cambiamenti organizzativi» all’interno del «sistema accademia». La consigliera - che ribadisce l’assoluta riservatezza garantita agli utenti - nello scritto illustra un quadro che «pur non grave, presenta delle aree di criticità». Misura le parole. Senza freni invece è Alba Fiorellini, dipendente dell’ateneo (30 anni di carriera), che oggi si sente «relegata in un ufficio che non è un ufficio e sottoutilizzata» (secondo lei - che, ricordiamo, non si è rivolta all’ufficio di Bello - esiste un problema di organizzazione della macchina dell’ateneo). Insomma ci sono effetti collaterali, forse sottovalutati.

 

Ci mette il carico da novanta anche il segretario provinciale della Uil Rua Maurizio Migliarini: «La situazione in ateneo è molto più grave di quanto ha scritto, nella sua relazione annuale, la consigliera di fiducia». E ancora: «Tanti dipendenti non si rivolgono neanche ai sindacati per timore di possibili ritorsioni. Insomma quello emerso è solo lo strato superficiale del problema (...) «Rimane il fatto che da tempo, in alcune aree, sia del personale che del mondo della ricerca, esiste un clima pesante, da pre-mobbing. (...) C’è ancora tanto disagio sommerso».

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