Atleta, ragazzo, studente: i mille dubbi e le mille possibilità

di Andrea Coali

Siamo ormai a fine marzo e, sperando di andare più avanti possibile, la stagione finirà tra un mese: la regular season è ormai finita e i playoff sono alle porte. Ho deciso di dedicare questo post ad un paio di riflessioni personali sul periodo trascorso, su alcune domande che mi sono posto e mi sto ponendo tuttora circa il vivere da atleta. È da più quattro mesi ormai che condivido con il pubblico di Internet i miei pensieri sullo sport, sull’importanza anche di avere un’alternativa, e penso che almeno chi mi ha seguito costantemente (ma c’è sempre tempo per rileggere il tutto :D ) abbia imparato a conoscere a grandi linee il mio pensiero.


La vita dell’atleta è tutto sommato abbastanza regolare e standardizzata, perlomeno se una persona decide di dedicare tutta se stessa allo sport. L’ho descritta in uno dei post precedenti: la giornata è scandita dagli allenamenti e nel resto del tempo è bene riposarsi o comunque non svolgere attività che possano compromettere le prestazioni fisiche, ma soprattutto mentali, in virtù della sessione in palestra. Ovviamente poi, appena si ha l’occasione, si esce: dopo la partita generalmente si va a festeggiare e non mancano i momenti per “prendersi degli spazi” personali. Anzi, come ribadito, il tempo libero è presente in ottime quantità.


Il discorso però cambia se, oltre alla pallavolo, un atleta vuole portare avanti altri progetti, come la stessa università. Allora lì cominciano a frullare in testa diversi interrogativi e diverse domande che portano, inevitabilmente, a compiere delle scelte ben ragionate, ma che possono anche escludere l’una o l’altra cosa. Mi spiego meglio con degli esempi. Nello scorso post ho intervistato Nicola Leonardi, che nell’ultima stagione aveva deciso di trasferirsi in Austria per trovare nuovi stimoli extra-pallavolistici. Questo ha però comportato una rinuncia dal punto di vista economico, visto che all’estero si trovava ad avere un ingaggio minore; Nicola ha quindi deciso di portare gradatamente il volley in secondo piano.

 

Prendo anche me stesso come esempio: questa stagione io sarei potuto andare in club di categoria inferiore, guadagnando e giocando molto di più: ma le offerte che mi erano state proposte imponevano un trasferimento a centinaia, se non migliaia, di chilometri da casa e questo mi avrebbe impedito di proseguire l’università nel modo in cui sto facendo ora che sono in una città molto vicina alla mia Trento. Quindi anche io, seppur stia ancora portando avanti entrambe le cose, ho dovuto fare delle scelte che sicuramente hanno inciso, e incideranno per la prossima stagione, sulla mia carriera pallavolistica. Arrivato a questo punto, i miei dilemmi si amplificano: se tutto andrà come sperato, a marzo dell’anno prossimo conseguirò la laurea e questo presuppone uno studio abbastanza intenso nel periodo estivo e un buon lavoro di tesi nei primi mesi del 2015.

 

Allo stesso tempo avrei una gran voglia di partire, di viaggiare, di imparare una nuova lingua e consolidare il mio inglese: ma tutto ciò è incompatibile con i pochi mesi che ho a disposizione quest’estate. Sto quindi cominciando a pensare alla stagione successiva: continuare con l’alto livello o scendere di qualche categoria per avere più tempo da dedicare ad altre attività? Questo è uno dei dilemmi con cui mi sto scontrando da un po’ di tempo e dentro di me combattono due forze opposte: una, quella dell’atleta, che spinge per continuare pensando ai sacrifici fatti e alle soddisfazioni che potrei trarre da un’altra stagione, magari in un club di A2; dall’altra, la forza del ragazzo di 21 anni, desideroso di fare nuove esperienze, di andare all’estero, di finire il primo ciclo di studi universitari, di costruirsi un futuro che non dipenda dalla pallavolo.


Sono una persona solitamente molto razionale e tendo a valutare bene i pro e i contro di ogni scelta che faccio, ma ora ho un po’ paura di potermi pentire della decisione che prenderò. Se da una parte sento che la vita d’atleta non mi gratifica pienamente e che al momento anche economicamente il gioco non vale la candela, dall’altra ho sempre la spinta innata di migliorarmi e raggiungere il più alto livello possibile. Non sarà una scelta facile e fortunatamente ho ancora tempo per pensarci: ora come ora il primo pensiero è quello di finire al meglio questa stagione. E poi si vedrà.

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