Arno si tiene stretta la stampella Pd

di Paolo Ghezzi

Alla fine, come previsto, la Volkspartei, che non è un partito di lotta e innovazione, ma di governo e di conservazione (di un sistema di potere dinamicamente evoluto, s'intende) ha deciso, con 82 sì su 83, di fare anche la prossima giunta provinciale con il partito italiano a cui la legano gli equilibri romani, il Partito democratico.

Nonostante le pulsioni della sua ala destra per includere i destrorsi Freiheitlichen (e così magari normalizzarli), nonostante qualche sparuto utopista che poteva sognare un patto allargato agli interetnici Verdi, alla fine il nuovo Kompatscher è rimasto sulla vecchia via di Durnwalder, e ha preferito blindare la giunta con una risicata maggioranza di un voto (19 su 35, 17 Svp + 2 Pd) piuttosto di arrischiarsi in strade nuove, e con rischi di sbilanciamento a destra come a sinistra.

E dunque, eccoli lì, due partiti nel bunker. Un po' impauriti del vento che soffia. Un'ex maggioranza assoluta sudtirolese puntellata dalla non troppo robusta stampella democratica altoatesina.

Il vicesegretario Costa dice che il Pd insisterà sulla scuola trilingue, Kompatscher ha già detto che la Svp non cambierà strada. Insomma, non se ne farà niente.

Il matrimonio obbligato alla fine obbliga a non innovare troppo: anche se Arno giura che raccoglierà idee da tutte le variegate opposizioni.

Ma il rischio vero è quello di 5 anni di mantenimento del sistema senza slanci di innovazione vera.

Se così fosse, se il Landeshauptmann non proverà a sparigliare le carte, nel 2018 la stampella del Pd non basterà più a tenere i nuovi barbari, liberali o verdi che siano, fuori dalle porte del Palazzo.

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