Maledetti giornalisti, fotografi maledetti

di Fabrizio Franchi

I giornalisti sanno emozionarsi davanti a scene che diventano cult. Sanno che cosa colpisce l'immaginario dei lettori, degli spettatori, perché ci sono istantanee che hanno una forza simbolica travolgente. Ma i rapporti tra fotografi e giornalisti sono difficili e sono peggiorati con l'avvento delle fotografie digitali, per cui ognuno con uno smartphone può cogliere il momento e avere più forza di un fotografo professionista se si trova sul luogo di un avvenimento, come è successo ad esempio con le bombe di Londra qualche anno fa. Ai giornali il citizen journalism piace - anche se molti blogger credono che non sia così - perché sono notizie che arrivano in diretta, gratis, senza dover pagare né un centesimo, né dover fare fatica a cercare la fonte. Ma questo è un altro problema. E' il rapporto tra fotografi professionisti e giornalisti che è davvero difficile e, nell'esplosione di immagini avvenuta dentro il mondo digitale, giornali e giornalisti, tutto sommato credono di poter rinunciare ai fotografi. Ma il professionismo è sempre garante di qualità, di forza propositiva. E lo è ovviamente anche nel caso dei fotografi. I quali però sono rifiutati, nascosti, nei giornali. Quasi degli appestati. Raro è vedere nei quotidiani la firma di un fotografo sotto una sua immagine.

E così accade che un giornalista di fama come Pierangelo Sapegno della Stampa ci racconti della forza evocativa di un'immagine, questa che vedete, Il bacio scattata in Valsusa al corteo dei No Tav, costruendoci sopra una pagina de "La Stampa", rilanciata sul sito del giornale torinese con forza http://www.lastampa.it/2013/11/17/italia/cronache/quel-bacio-al-poliziotto-della-ragazza-no-tav-uxGBrGk94K0nQBD2g4W7HN/pagina.html giustamente facendo un bel parallelo con altre grandi foto delle contestazioni degli anni '60. Ma del nome del fotografo non c'è traccia. Ora, dopo qualche vana ricerca, vado pensando che si tratti del fotografo del giornale, che ha saputo genialmente cogliere un frammento di una giornata che però ha una forza dirompente, segna il momento di un abbraccio tra una ragazza e un poliziotto, con lui che socchiude gli occhi per assaporare la dolcezza del momento in un contesto in cui c'era grande tensione. Eppure Sapegno ignora il nome del fotografo, lo fa volutamente. Quasi a sottolineare che l'immagine è forza, ma in un giornale la forza vera ce l'ha la parola scritta. Ma non è così, e non è stato così negli ultimi decenni, anche perché nelle situazioni difficili, nei teatri di guerra, nelle violenze, sono i fotografi che devono andare a cercare le immagini, mentre i giornalisti devono cercare le notizie. E spesso è più rischioso trovare un bello scatto. Tralasciando qui, peraltro, le questioni legate al diritto d'autore che aprirebbero un altro capitolo. E così, una grande, grandissima fotografia, resta senza padre.

Maledetti giornalisti. Fotografi maledetti.

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