Dall'Imu alla Trise, quei poveri sindaci

di Paolo Micheletto

Piccolo viaggio nel mondo delle nuove tasse. Che hanno un nome nuovo, ma sono vecchie. O meglio, più alte delle precedenti. Alla faccia di chi credeva al centrodestra quando prometteva il taglio di ogni tassazione sulla casa di proprietà, ad esempio.
Allora. L'Imu (Imposta municipale unica), introdotta da una larga maggioranza che poi aveva deciso di cancellarla è stata sostituita dalla Tasi (Tassa sui servizi comunali), mentre la Tarsi (rifiuti) è stata trasformata in Tari.
Tasi e Tari confluiscono nella Trise, vale e dire una parte di Imu aggiunta alla tassa sui rifiuti. Ad aggiungere confusione, va detto che cambiano le sigle ma anche il modo di calcolare le imposte: mentre l'Imu era una patrimoniale, ora la Tasi si pagherà anche in base ai costi stabiliti da ogni singolo comune.
Due considerazioni. La prima riguarda una certa ammirazione per i funzionari e i burocrati che di continuo rilanciano sui nuovi modi di fare cassa e di chiedere soldi ai cittadini. Naturalmente da un rilancio all'altro aumenta la quota da pagare: nel 2014, ad esempio, nella città di Trento si pagherà una Trise annua di 310 euro, mentre il totale di quest'anno tra Imu e Tares è di 216 euro.
La seconda considerazione riguarda gli enti locali. L'impressione è che, dall'Imu alla Trise, toccherà ai sempre più poveri sindaci gestire un quadro molto difficile, fatto prima di tutto di tagli ai trasferimenti e alla parte dedicata agli investimenti.  Perché a Roma chiudono la borsa ma è sul territorio che i fondi vengono a mancare. Poveri sindaci, nei prossimi anni riponete le forbici nel cassetto: pochi tagli del nastro vi aspettano.

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