Non siamo tipi da spiaggia

Me ne rendo conto più che mai d’estate che ci sono tipi da montagna e tipi da mare. La cosa non dipende dal luogo in cui si è nati (anche se ha il suo peso), ma da un certo modo d’essere. Io, nonostante mi piaccia il mare, credo d’essere un tipo da montagna. Amo le cose conquistate. Amo le amicizie e la solidarietà che si crea in quota. Amo il sollievo che si prova quando si tolgono gli scarponi e si mettono i piedi in ammollo nei ruscelli. Amo guardare le nuvole che si muovono velocemente mentre sono sdraiata su un sasso con la giacca a vento tirata su fino al naso anche se è agosto

di Patrizia Todesco

Me ne rendo conto più che mai d’estate che ci sono tipi da montagna e tipi da mare. La cosa non dipende dal luogo in cui si è nati (anche se ha il suo peso), ma da un certo modo d’essere. Io, nonostante mi piaccia il mare, credo d’essere un tipo da montagna. Amo le cose conquistate. Amo le amicizie e la solidarietà che si crea in quota. Amo il sollievo che si prova quando si tolgono gli scarponi e si mettono i piedi in ammollo nei ruscelli. Amo guardare le nuvole che si muovono velocemente mentre sono sdraiata su un sasso con la giacca a vento tirata su fino al naso anche se è agosto.
Devo dire che tutto questo ho imparato ad apprezzarlo con tempo. In passato ho maledetto genitori prima e amici poi che mi sottoponevano ad alzatacce mattutine per raggiungere chissà quale vetta. Avrei preferito di gran lunga andare al lago o fermarmi su un prato. Del resto non capivo il perché di tanta (pensavo inutile) fatica. Sono passati anni e le cose sono cambiate. Quelle camminate hanno creato sentieri nel mio cuore e nella mia mente. Hanno in parte cambiato il mio modo d’essere e il mio rapporto con la natura. Ecco perché oggi, quando i miei figli sbuffano appena il sentiero punta verso l’alto, non mi faccio impietosire più che tanto. Spiego loro che tutto ha un prezzo e quella salita renderà ancora più piacevole arrivare in vetta. Per aiutarli quest’anno abbiamo realizzato un piccolo libretto dove quando raggiungono il rifugio possono mettere il timbro, prova inconfutabile dell’impresa (piccolo o grande) che hanno compiuto.
«Scalare non serve a conquistare le montagne; le montagne restano immobili, siamo noi che dopo un’avventura non siamo più gli stessi», ho letto poco tempo fa sulla porta di un rifugio. Condivido sperando che passo dopo passo il percorrere sentieri, da soli o in compagnia, possa servire loro anche ad «assorbire» i valori che la montagna può trasmettere.
La montagna, infatti, può essere una grande maestra a qualunque età: ai miei piccoli vorrei che insegnasse a credere nelle proprie capacità, ad apprezzare la soddisfazione di raggiungere una meta che è costata fatica e impegno e ad imparare a giocare e divertirsi con ciò che hanno intorno senza bisogno di null’altro.
Oggi, senza non poca fatica perchè i loro lamenti riescono facilmente a far saltare i nervi, li accompagno in questi percorsi, sperando di fare loro un regalo per il domani. Nella vita come in montagna se si cade bisogna essere capaci di rialzarsi, se la meta sembra lontana occorre stringere i denti e andare avanti e se si ha freddo o fame si dovrebbe condividere ciò che si ha con gli altri per avere tutti abbastanza.

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