Il cimitero, le tombe e qualche coniglietto libero

di Pierangelo Giovanetti

Caro direttore, mio padre è mancato quattro anni fa. È stato seppellito nel cimitero comunale di via Giusti. Vado a trovarlo tutti i giorni. Tutti i giorni. Non sporadicamente o quando la fiera di turno o il mercato del giovedì mi portano in zona. Sembrerò folle ma il Santo cimitero di Trento mi piace. La sua cornice pittoresca con le montagne e la cascata di Sardagna che abbracciano i nostri cari mi ha sempre riempito il cuore (già triste di suo nel varcare il cancello per visitare chi vorrei vedere a casa e non sotto una fredda coperta di marmo) di una pallida gioia. Di solito vado la sera al cimitero, verso l'orario di chiusura. Non c'è quasi mai nessuno a quell'ora.
Si respira un clima di pace, silenzio, meditazione e tranquillità quasi surreale.
In quei tristi e malinconici momenti di dialogo e di ricordi col mio papà qualche volta ho avuto la fortuna di essere distratto da un paffuto coniglietto che, saltellando tra le spigolose lapidi, è riuscito a strapparmi un sorriso magro e fanciullesco. Un batuffolo marrone scuro dal sederino bianco con un abbozzo di coda che sembrava più controllare lo stato delle piante che frugare alla ricerca di cibo.
Allo scoccare dei «cinque minuti» prima della chiusura dei  cancelli, annunciati dalla registrazione di una voce maschile anziana con un filo di raucedine, il piccolo roditore si è immobilizzato di colpo,terrorizzato. Ha alzato le lunghe orecchie, ha tentato molto precariamente di alzarsi sulle zampe posteriori per individuare la potenziale direzione del pericolo ed è scappato verso la ferrovia.
Un giorno l'ho inseguito quel coniglio. So non avrei dovuto a ventotto anni mettermi a seguire un animale in un Campo Santo, ma non c'era nessuno intorno, ed in quell'occasione ha prevalso il mio spirito fanciullesco.
Non avrei dovuto. Inseguendo Lenny (così l'ho chiamato dopo quel giorno) ero arrivato ad una piccola zona del cimitero che non avevo mai visto prima: il «campo bambini». Non è il campo bambini che sentiamo nominare al mare o nei villaggi turistici dove i bambini hanno dello spazio per giocare felici. In questo campo i bambini non si vedono… ma ci sono. I loro giochi sono per terra, sembrano dimenticati. I loro nomi non sono su un registro di scuola o sulla maglietta della squadra di calcio ma scavati nel marmo.
Tra quei bambini c'erano Lenny ed altri due piccoli conigli che giocavano e si rincorrevano. Sembrava volessero farli divertire quei bambini… Ho pianto. Neanche i conigli erano riusciti a farmi abbozzare un sorriso quella volta. Ma il pensiero che comunque questi piccoli guardiani veglino sui nostri cari quando i cancelli si chiudono mi rasserena.
In un luogo dove tutto è fermo, il saltellare di due paffute gambette non può che rendermi «felice».
Non riesco sinceramente a capire come un piccolo animale come il coniglio, così tranquillo ed inoffensivo, icona per eccellenza della paura, possa rappresentare un problema. Soprattutto in un posto come il nostro cimitero. Oltretutto, su trecento potenziali mie visite personali al cimitero credo di aver avuto la fortuna di incrociare questi animali al massimo una quindicina di volte.
Perché allora non apriamo una polemica sui merli o i piccioni che sporcano le lapidi, i cani che abbaiando disturbano le preghiere, le numerose zanzare o le api che mi impediscono di dare acqua alle piante con tranquillità. Cerchiamo di diventare tutti più tolleranti e vivremmo meglio. Non è facile riuscire a sorridere in un cimitero.
Francesco Iorio


 


Tra tutti i problemi che ha Trento, sicuramente quello di qualche coniglietto che scorazza libero al cimitero è il minore. Anzi, non è nemmeno un problema. È l'immagine visiva del camposanto come angolo di pace e di tranquillità (eterna), che si stacca dal rumore e dal chiasso della città. E poi qualche leprotto che si nasconde dietro i cespugli e nei viali alberati dà l'idea di semplicità e naturalezza, che si attaglia con molto garbo al luogo dei ricordi e della memoria, quale è il cimitero. E non dovrebbe disturbare nemmeno la preghiera, sulla tomba dei propri cari.
Fin che si mantiene in queste dimensioni, la presenza di qualche coniglietto ci può serenamente stare. Forse brucheranno qualche fiore. Ma certo più danni li fanno i vandali e coloro che, nottetempo, i fiori li rubano o danneggiano le tombe violando la sacralità del luogo.
 p.giovanetti@ladige.it

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