Imprescindibili requisiti del Presidente

di Pierangelo Giovanetti

Giovedì prossimo 18 aprile si riunirà il Parlamento in seduta comune insieme ai delegati regionali per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Dopo sette anni tormentati, fra i più difficili dell'Italia repubblicana, con un Paese diviso e lacerato come forse nemmeno negli anni di piombo era stato, Giorgio Napolitano lascia il Quirinale, e il ruolo di garanzia super partes che con grande sapienza politica e forte seguito popolare ha saputo esercitare.
La fine del settennato coincide con una crisi politica e istituzionale devastante, che si aggiunge alla pesantissima crisi economica, proprio quando occorrerebbe una figura di garante della Costituzione e dell'Unità nazionale capace e forte come Napolitano.
L'elezione del nuovo Capo dello Stato, quindi, questa volta costituisce uno dei passaggi più delicati e gravidi di conseguenze dalla nascita della Repubblica, anche perché con la paralisi dei partiti e la loro dissoluzione il Colle è rimasto l'unica istituzione che ha retto, e su cui poggia l'intero sistema.
Non era facile per Giorgio Napolitano, primo presidente uscito dal partito comunista, arrivato al Quirinale con un numero di voti risicatissimo (poco più di quelli di Giovanni Leone), espressione «di parte» dentro la spaccatura a metà del Parlamento eletto nell'aprile 2006, ribaltare le condizioni di partenza, e imporsi come uno dei più amati e apprezzati presidenti italiani pur nel suo «non interventismo» mediatico e di folle.
La riuscita è stata tutta nella sua capacità di porsi come punto di equilibrio tra cittadini e istituzione, nel suo metodo di dialogo. E confronto, nel suo incrollabile «patriottismo costituzionale» e senso dello Stato, oltre ad una lunga e collaudata sapienza ed esperienza politica che lo hanno guidato nei numerosi passaggi tormentosi e accidentati del settennato.
La scelta del nuovo Presidente non potrà che avvenire su questa linea, dentro tale capacità di tenere unito un Paese spaesato e profondamente diviso, garanzia super partes per tutti, e rassicurazione all'Europa e al mondo di un'Italia che vuole seriamente metter mano ai suoi problemi e trovare le giuste soluzioni per restare protagonista importante.
Ciò presuppone, innanzitutto, una figura che non sia organica ad una forza politica, espressione - anche nel voto parlamentare falsato dal Porcellum - di minoranza o di maggioranze risicate. Un nome, quindi, che raccolga il più ampio consenso possibile, per essere in grado di gestire con autorevolezza e credibilità la fase successiva, quella della formazione di un nuovo governo o - Dio non voglia - lo scioglimento anticipato delle camere.
Un Presidente, quindi, che non nasce a casaccio, frutto dell'improvvisazione, di quel che gli umori ondeggianti delle concitate giornate del voto possono determinare. Ma all'opposto una candidatura pensata, condivisa, possibilmente frutto di un largo consenso trasversale, e quindi di un accordo preventivo.
Questo è tanto più necessario per vedere la fumata bianca entro i primi tre scrutini, quando è richiesta la maggioranza dei due terzi dell'assemblea, quella che renderebbe il dodicesimo inquilino del Quirinale forte e riconosciuto. Dal quarto scrutinio in poi è tutto più scivoloso, più incerto, più rischioso perché la maggioranza semplice dei voti consentita può determinare ogni esito, anche la riuscita di nominativi improbabili o «di minoranza», senza la forza e l'«auctoritas» imprescindibili per affrontare la gravità della crisi istituzionale in atto.
Una seconda caratteristica del Presidente non potrà che essere la sagacia e l'intelligenza politica, frutto di esperienza, mestiere, profilo istituzionale, in grado di gestire con abilità un vuoto e una paralisi dei partiti che non hanno precedenti, e che hanno trasformato l'originaria funzione notarile della Presidenza della Repubblica nel motore politico della Nazione, sulla falsariga di sistemi presidenziali (o semi-presidenziali) collaudati, come per esempio nella vicina Francia. Solo un presidente con una caratura «politica» (non di pura militanza partitica) all'altezza può essere in grado di far uscire l'Italia dallo stallo inestricabile in cui si trova, e che nemmeno nuove elezioni sarebbero in grado da sole di risolvere, tanto più senza una riforma elettorale adeguata, e nell'attuale implosione dei partiti.
Altro requisito indispensabile in tempi in cui stiamo ritornando «il malato d'Europa», è un chiaro riconoscimento internazionale. Ad un'Italia senza governo, senza leadership, senza maggioranze, senza la sicurezza di saper rispettare i patti e realizzare le riforme di cui c'è vitale bisogno, è richiesto un Capo dello Stato di altissimo profilo europeo e internazionale. Una personalità conosciuta, stimata, apprezzata, capace di dare garanzia ma anche affidabilità, che proprio in forza della sua autorevolezza tranquillizza i mercati, le cancellerie e i governi dell'Unione, e non solo.
Infine, l'elemento novità, che può essere impresso per esempio dall'elezione di una donna, che sappia «innovare» rompendo un monopolio maschile che altrove è stato superato da tempo. Figure femminili che possano vantare profili come quelli descritti, ve ne sono. E potranno diventare determinanti di fronte all'impasse, che un mancato accordo può far scaturire.
L'elezione di Giovanni Leone al Quirinale nel 1971 richiese ventitre scrutini, e non fu favorita nemmeno dall'arrivo del Natale. Non costituì un buon viatico per quella presidenza che risultò la più tormentata della storia italiana, e si concluse con le dimissioni anzitempo e in un clima generale pesantemente avvelenato (e anche in maniera eccessiva e non del tutto giustificata).
Per non trascinare l'elezione tra estenuanti e inconcludenti scrutini che finirebbero inevitabilmente per far sfilacciare anche l'ultimo baluardo «che tiene» della Nazione, serve individuare fin da subito il dodicesimo Presidente della Repubblica. Potrà anche non soddisfare tutti i requisiti richiesti, ma la maggior parte di essi dovrà possederli.
È l'unica speranza su cui possiamo contare per raddrizzare la barca che rischia di affondare.
p.giovanetti@ladige.it
Twitter: @direttoreladige

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