Governo del Presidente, unica possibilità

di Pierangelo Giovanetti

Caro direttore, perché non viene sciolto il Senato come è previsto dalla nostra Costituzione? Perché dobbiamo arrenderci alla logica perversa del porcellum? In tre mesi si risolve tutto.
Napolitano si dimette, viene rieletto dopo una settimana, riassume i pieni poteri, scioglie il Senato, si va a votare e quel 70% di italiani che vogliono un governo stabile a tutti i costi votano per l'unico che può dare questa stabilità, visto che ha una larga maggioranza alla Camera dei deputati. Berlusconi deve star zitto perché è lui che ha voluto il porcellum e fino all'ultimo ha detto che quella maialata era quasi perfetta e poteva andar bene. Spero che oltre a pubblicare questa mia lettera spenda qualche parola per appoggiarne il contenuto.
Angelo Annovi  - Arco
 


In Italia lo scioglimento anticipato di una Camera non è mai avvenuto se non all'inizio della Repubblica quando il Senato aveva durata di sei anni, e non di cinque. Date le difficoltà pratiche che comportava la diversa durata temporale delle due camere (cinque per i deputati, sei per i senatori), si arrivò ben presto, nel 1963, a modificare l'articolo 60 della Costituzione, e ad uniformare la durata delle due camere.
Pertanto, lo scioglimento anticipato di una sola camera fu solo un espendiente pratico, per andare al voto contemporaneamente. Mai si è sperimentato uno scioglimento spaiato, perché il rischio reale di blocco totale del Parlamento è altissimo. Cosa succederebbe se vi fosse lo scioglimento del Senato attuale, e Grillo o Berlusconi ottenessero la maggioranza di 163 senatori? Paese ingovernabile con la Camera in mano al Pd. Bisognerebbe tornare a sciogliere nuovamente le camere, con rischi di tenuta istituzionale e politica, forse anche democratica, altissimi.
Oggi l'unica soluzione possibile in Italia è un governo del Presidente, o governo di Scopo «a tempo», con tre-quattro punti, che comprendano riforma della legge elettorale, riduzione dei parlamentari, modifica del bicameralismo perfetto, e un qualche intervento urgente per la crescita e il lavoro, come per esempio il cuneo fiscale.
Il tentativo temporeggiatore di Pierluigi Bersani di formare un governo di minoranza, senza cioè disporre di una maggioranza al Senato, è ampiamente e inevitabilmente destinato al fallimento. Si tratta di una sorta di suicidio annunciato, che con cinismo il Pd ha avallato, mandando il suo segretario incontro al precipizio, con la speranza di andare ad elezioni anticipate dando la colpa del fallimento a Grillo, che non avrebbe accettato «il governo del cambiamento». Inseguire Grillo in tutti i modi, proponendo un governo dai nomi assurdi, con dentro tutto e il contrario di tutto, dalla Gabanelli a don Ciotti a Saviano come fosse una puntata di «Che tempo che fa», ha solo screditato il Pd, ricevendo in cambio le pernacchie sonore del comico, padre-padrone del movimento 5Stelle.
Un governo di «larghe intese» con Berlusconi, che veda Bersani presidente e Alfano vice, non è possibile, visto l'odio ventennale che ormai separa i due schieramenti, e anche gli stessi elettorati.
L'unica possibilità per dare all'Italia un esecutivo è il «governo del Presidente», di cui si fa garante il Presidente della Repubblica, una sorta di governo di salvezza nazionale guidato da una personalità super partes (il governatore della banca d'Italia?), che veda l'appoggio di tutte le forze politiche del Paese, per lo meno Pd, Pdl, Lista Monti. Bastano pochi mesi per fare sul serio, e poi tornare ad elezioni.
Tornare a votare con l'attuale legge elettorale, e con le forze politiche ancora sotto shock per il voto di un mese fa (ieri il leader Pd Bersani dava l'impressione di essere un pugile suonato, che non sa più dov'è, e cosa sta facendo), vorrebbe dire rischiare la paralisi del Paese, e un'inevitabile involuzione autoritaria, che metterebbe a rischio la stessa democrazia.
Un pericolo troppo alto anche solo per ipotizzarlo. In questo momento occorre guardare al Paese, non ai presunti calcoli di convenienza spicciola e immediata di qualcuno. Se il Pd scegliesse elezioni anticipate ora, si assumerebbe di fronte alla Nazione la responsabilità del caos e della paralisi che ne deriverebbe. Con tutte le conseguenze future.
p.giovanetti@ladige.it
Twitter: @direttoreladige

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