I grillini, la censura e la democrazia

di Pierangelo Giovanetti

Pregiatissimo direttore, leggendo le cronache politiche riguardanti il Movimento 5 Stelle mi viene naturale di chiederle: cosa direbbero Titta Torelli, Francesco Torolla, Manlio Morgagni, Gianpietro Talamini eccetera rispettivamente primi amministratori del Corriere della sera, del Resto del Carlino, del Popolo d'Italia e del Gazzettino nel vedere depauperati stipendi di giornalisti che sono inviati alle «Conferenze Stampa» dove non sono concesse domande. A questo punto, credo direbbero che esistono i «Comunicati Stampa», meno costosi dell'invio di un giornalista, e la conseguente libertà del direttore di un giornale di pubblicarli o no. Che senso ha, chiedo, spostare «professionisti» per assistere come notai muti a un'esibizione? Mi scusi: ma la famosa «deontologia» tanto declamata dai maestri del giornalismo, dove è finita? E la «dignità»? Cosa direbbero colleghi e maestri come Leo Longanesi, Mario Missiroli, Michele Mottola, Indro Montanelli, Enzo Biagi nel vedere come sono trattati i rappresentanti del «Quarto Potere»? Un vero Ordine e un vero Sindacato dovrebbero o no intervenire a tutela di quella che dovrebbe essere la dignità di una professione?
Roberto Magaraggia
 


Fare conferenze-stampa monologhi, senza rispondere alle domande dei giornalisti, non è una prerogativa solo di Grillo e - a quanto pare - dei suoi seguaci. Prima di loro  era solito farlo Bettino Craxi, con l'arroganza che lo contraddistingueva, e Silvio Berlusconi, che non ha mai amato le interviste se non compiacenti, magari di propri dipendenti, o i contraddittori. Nemmeno Massimo D'Alema, a dir la verità, ha mai amato più di tanto la libertà di stampa, arrivando a definire i giornalisti «iene dattilografe».
Facile capire il perché: rispondere alle domande dei giornalisti vuol dire confrontarsi, dare spiegazioni, motivare le proprie decisioni, affrontare questioni che non si vogliono affrontare. Molto meglio il monologo, la predica senza contraddittorio, l'anatema senza la prova del contrario, parlare solo di quello che gli pare (il tema libero, senza una traccia, è quello che piace di più agli studenti che non studiano e non sono preparati).
In questo Grillo e i grillini esprimono la piena e totale continuità e uniformità con quanti in passato hanno espresso totale allergia alla democrazia e alle sue regole. Come si insegna fin dalle elementari nell'ora di Educazione civica, infatti, la democrazia si fonda sul confronto. Senza di questo, non c'è democrazia, ma solo autoritarismo.
L'opinione pubblica si forma attraverso il contraddittorio, ed è proprio questo che permette al cittadino di formarsi la sua opinione sciogliendo i suoi dubbi. Anzi, in tutte le democrazie liberali non c'è altro modo per verificare le posizioni degli eletti, se non ponendo loro domande a cui sono tenuti a rispondere. Questo a meno che non abbiano qualcosa da nascondere, o siano insicuri delle proprie parole e delle proprie azioni. O magari se ne vergognino.
Prima della dignità dei giornalisti, qui è in gioco la democrazia che atti di censura preventiva come quelli messi in atto dai rappresentanti grillini minano alle fondamenta. Prima del dovere di informare che spetta ai giornalisti, qui è in gioco il diritto dei cittadini ad essere informati, e a non dover subire solo le veline del politico sotto forma di monologhi nella conferenza stampa o di unilaterali comunicazioni attraverso la rete.
Non so se nelle intenzioni dei grillini si tratti di forme di intimidazione o di ritorsione verso i giornalisti quando vien letto sui giornali qualcosa che non piace o dà fastidio. Di certo la libera informazione di un Paese libero non si fermerà certamente di fronte a tali «mezzucci» da repubblica delle banane. Lo impone l'articolo 21 della Costituzione su cui si fonda la libertà di tutti, non solo dei giornalisti.
 p.giovanetti@ladige.it
  Twitter: @direttoreladige

comments powered by Disqus