La legge, le omissioni e la Procura di Palermo

di Pierangelo Giovanetti

Come cittadino italiano ho diritto di conoscere il contenuto delle intercettazioni che riguardano il Presidente della Repubblica.
Condivido le parole di Ferdinando Imposimato quanto scrive: «Noi continuiamo a essere schierati dalla parte del magistrati di Palermo animati da un bisogno di verità che condividiamo pienamente. Ma la verità è vicina, e nessuna decisione della Consulta può ostacolarla».
Ancora una volta gli interessi di una certa politica hanno ferito lo stato di diritto prevalendo sui diritti costituzionali.
Se Napolitano non farà pubblicare queste intercettazioni confermerà che l'Italia è una repubblica con un monarca presidente.
Ezio Casagranda


Gli articoli 87 e 90 della Costituzione italiana sono chiari e incontrovertibili nello stabilire l'irresponsabilità del Presidente della Repubblica «negli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni». La Corte costituzionale, pertanto, secondo il diritto costituzionale italiano, non poteva che dare ragione al Capo dello Stato e torto alla Procura di Palermo, tanto più che una legge del 1989 ha espressamente indicato che «Il Presidente della repubblica non è intercettabile». I procuratori di Palermo, quindi, in base alla legge, dovevano distruggere immediatamente le intercettazioni avvenute mentre Napolitano svolgeva le sue funzioni di capo dello Stato. Non averlo fatto è stata pertanto una precisa omissione da parte dei pm siciliani, comportamento gravissimo per un magistrato. Non solo, alla Procura di Palermo non spettava nemmeno valutare la rilevanza di quelle intercettazioni, perché per legge tale valutazione non è di sua competenza.
Come i più preparati costituzionalisti hanno da subito messo in evidenza, pertanto, l'esito non poteva che essere quello. La stessa Costituzione ha previsto questo per evitare uno scontro insanabile e destabilizzante fra poteri dello stato, ribadendo il principio della separazione dei poteri. E solo un Capo dello Stato non intaccabile dalla magistratura garantisce l'equilibrio fra i poteri.
L'azione incauta e totalmente priva di fondamento giuridico della Procura di Palermo ha fortemente appannato l'immagine della stessa, ne ha dimostrato la fragilità degli argomenti giuridici e anche l'incapponimento di fronte all'evidenza, elementi che sicuramente avranno un effetto di autodelegittimazione. L'infelice uscita del procuratore Antonio Ingroia, riguardo la presunta «sentenza politica» della Corte costituzionale ricalca le parole e gli slogan da sempre usati da Silvio Berlusconi nei suoi attacchi alal magistratura. Detta da un magistrato, poi, fa supporre che le sentenze dei giudici non siano per definizione «superpartes» e ancorate solo ed esclusivamente al diritto e alla Costituzione, ma prevedano anche varianti politiche e giudizi dipendenti da altri fattori che non la legge. Che equivale a sanzionare una delegittimazione totale e senza appello della magistratura e della sua azione.
Con questa vicenda è stata scritta una brutta pagina della storia della magistratura italiana, e della imparzialità, equilibrio e totale servizio alla legge e alla Costituzione che i magistrati, anche i pm, sono sempre tenuti a rispettare.
 p.giovanetti@ladige.it

comments powered by Disqus