Sanità a rischio, i costi e i fondi integrativi

di Pierangelo Giovanetti

Egregio direttore, è una vergogna il nuovo attacco alla sanità pubblica da parte di Monti e del suo governo. Ormai l'intento è evidente: demolire il servizio sanitario pubblico, per privatizzarlo. Si è cominciato con i tagli dissennati alla sanità, 30 miliardi negli ultimi cinque anni di cui 10 solo dal governo Monti. E si va avanti con i fondi privati, colpendo il diritto universale alla salute e alle cure garantito dalle risorse pubbliche. Bisogna ribellarsi. Giù le mani dalla sanità. La svendita della salute non la permetteremo mai.
Anita Pedrotti


Nel suo intervento dell'altro giorno, il presidente del Consiglio Mario Monti ha affermato che «la sostenibilità del nostro sistema sanitario potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento per servizi e prestazioni».
In sostanza ha ripetuto un'ovvietà, cioè quanto tutti gli studiosi di sistemi sanitari conoscono bene: l'aumento rilevante della vita media degli italiani, l'invecchiamento della popolazione con crescita esponenziale delle malattie della vecchiaia, e la richiesta di sempre maggiori prestazioni al servizio sanitario, faranno più che raddoppiare nel giro di quarant'anni la spesa per la sanità in Italia. Questo vuol dire che (fonte European house Ambrosetti), in assenza di profondi correttivi dell'intero servizio sanitario nazionale, la spesa pubblica per la salute passerà dai 112,7 miliardi di euro l'anno attuali a 261 miliardi di euro nel 2050. Un aumento del 150%.
Ciò avverrà di fronte ad aumento considerevole della popolazione non lavorativa (pensionati), una contrazione del gettito fiscale, tassi di crescita economica del Paese molto contenuti e una vistosa riduzione delle risorse pubbliche a disposizione.
Se le cose stanno così (e tutti gli esperti dicono che stanno così), è evidente che, in assenza di revisioni, il sistema sanitario italiano è destinato all'implosione. Significa che, se salta, non ci sarà più assistenza sanitaria per nessuno, in quanto non si potranno pagare medici e ospedali come oggi.
Affrontare per tempo un riequilibrio della spesa sanitaria è pertanto un obbligo per chi ha responsabilità di governo, e dovrà essere una delle priorità anche del prossimo esecutivo che uscirà dalle urne a primavera 2013. Far finta di non vedere tali dati e tali  proiezioni significa correre dritti verso il precipizio, magari riempiendosi allegramente la bocca di slogan altisonanti e frasi ad effetto.
Nel resto d'Europa lo stesso problema l'hanno affrontato da tempo incentivando le assicurazioni complementari e i fondi integrativi. Sono questi il secondo pilastro dell'assistenza sanitaria che, come per la previdenza con le pensioni integrative, ci potranno garantire la cura per la salute anche nei prossimi decenni. Non potremmo più pensare, ovviamente, al tutto gratis per tutti. Servizi e prestazioni gratuite andranno assegnate secondo criteri di reddito e di bisogno. Per far fronte a questo, e ad un aumento prevedibile della spesa sanitaria per le famiglie e per i bilanci familiari, vanno promossi con forza e per tempo pacchetti di assicurazioni private. Del resto Paesi civili e avanzati come la Germania si avvalgono di un mix pubblico e privato di protezione sociale, che vede operativi oltre un migliaio di fondi pubblici e casse malattia, gestite dai datori di lavoro e dai rappresentanti dei lavoratori, a cui si accede attraverso il versamento di contributi, obbligatori per chi ha un redddito inferiore a una certa soglia e facoltativi per chi ne ha uno superiore, lasciando a questi ultimi la possibilità di optare per assicurazioni private.
Del resto, lo stesso ministro della sanità Balduzzi lo ha ripetuto forte proprio l'altro giorno: nessuno, tanto meno il governo Monti, vuole smantellare il servizio sanitario pubblico. Ma per poterlo mantenere e avere anche fra venti-trent'anni, occorre attrezzarci oggi con fondi e assicurazioni integrative.
 p.giovanetti@ladige.it

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