I giovani, la Fornero, i «choosy» schizzinosi

Se il ministro Fornero ha invitato le giovani generazioni a non essere «choosy» è perché nel recente passato, raggiunto gli italiani il benessere e riscattata la povertà del dopoguerra, si è pensato che il modo migliore di allevare i propri figli fosse quello di dar loro tutto, di privarli di qualunque ostacolo, di viziarli e accontentarli in tutte le richieste, anche le più inutili e superflue, di farli vivere in una bambagia irreale perché tanto a tutto ci pensavano mamma e papà

di Pierangelo Giovanetti

Gentile direttore, sono un'insegnante di inglese dell'II don Milani di Rovereto. Vorrei rispondere all'affermazione della ministro Fornero sul fatto che i nostri ragazzi, in Italia, sono schizzinosi, ed esprimere la mia opinione come avete invitato i lettori a fare sul sito dell'Adige www.ladige.it.
A parte il momento attuale che stiamo vivendo, la difficile situazione economica e la crisi del mondo del lavoro, vorrei portare ad esempio l'operato dei miei (e di altri insegnanti) studenti che sicuramente non sono «choosy».
Io trovo che i ragazzi siano molto curiosi e non si lascino intimorire da ciò che li circonda in fatto di crisi e depressione. Sono persone molto interessate, curiose di scoprire e di fare nuove esperienze, gente che ama mettersi alla prova e che pur di imparare è disposta a lavorare anche gratuitamente. Altro che choosy! Ne è prova il grande interesse che suscita fra gli studenti il progetto di farli partecipare in qualità di hostess o steward congressuali, a convegni organizzati sul territorio, fra ultimo quello sul tema della famiglia del prossimo fine settimana a Riva del Garda. In tali occasioni, gli studenti rinunciano al denaro e al loro tempo libero pur di fare questo tipo di esperienza lavorativa.
I ragazzi hanno bisogno di sentirsi valorizzati, non insultati, di sentirsi apprezzati per i loro progressi, per la loro voglia di fare, per il loro entusiasmo, che viene meno solo quando il mondo degli adulti li denigra, li critica e abbatte i loro sogni.
Accettare di lavorare in un call center per 600 euro al mese, a due ore di strada da casa, dopo magari un corso di formazione gratuito di due mesi, non mi sembra essere schizzinosi.
È ovvio che i giovani vorranno scegliere il meglio per il loro futuro, se possibilità di scelta ci sarà! Sono convinta che non diranno di no ad un lavoro, che seppur umile o sottopagato, permetterà loro di acquisire un po' di indipendenza, ma in seguito, mi sembra legittimo che scelgano di migliorarsi, anche di guadagnare di più, se sarà loro data la possibilità.
E poi «choosy» non significa solo schizzinoso: significa esigente ed è quindi choosy colui che esige per sé e per altri il meglio.


Il ministro Fornero, per tanti anni in cattedra come autorevole e apprezzata insegnante, scorda ogni tanto di non essere più in un'aula universitaria dove può anche scherzare o benevolmente strigliare i suoi ragazzi, ma ha la responsabilità di un dicastero importantissimo e quando parla, lo fa di fronte all'intera opinione pubblica nazionale.
La sua battuta, come a suo tempo fece il ministro Padoa-Schioppa quando parlò di giovani troppo «bamboccioni», ci può stare nel tono confidenziale di un rapporto professore-allievi. Assume un significato oltre misura, quando viene riportato e amplificato dai media grandi e piccoli.


Detto questo, l'affermazione del ministro Fornero, benché presenti un fondo di verità visto che ancora molti sono i giovani che preferiscono affidarsi al comodo vivacchiare tra le coccole di mamma e papà invece di buttarsi e nuotare a mare aperto, è ingiusta nei confronti della stragrande maggioranza che invece s'è data le mani da torno e si adatta a tutto pur di lavorare. E ce sono, anche di bravissimi, con preparazioni eccellenti, grinta ed entusiamo, in molti casi assai di più della generazione precedente, che nonostante tutti gli sforzi e la fatica, portano a casa un pugno di mosche e restano al palo.


Se il ministro Fornero ha invitato le giovani generazioni a non essere «choosy» è perché nel recente passato, raggiunto gli italiani il benessere e riscattata la povertà del dopoguerra, si è pensato che il modo migliore di allevare i propri figli fosse quello di dar loro tutto, di privarli di qualunque ostacolo, di viziarli e accontentarli in tutte le richieste, anche le più inutili e superflue, di farli vivere in una bambagia irreale perché tanto a tutto ci pensavano mamma e papà.


Tale approccio educativo ha rammollito una buona parte delle ultime generazioni, le ha rese fragili, pretenziose, non abituate a fare alcun sacrifico o rinuncia, incapaci di assumersi responsabilità e faticare per raggiungere un obiettivo. Per anni si è pensato (anche da parte dei genitori) che fosse meglio stare a casa ad ascoltare musica e a guardare per ore la televisione piuttosto che fare un lavoro manuale, o faticoso, o non adeguato al titolo di studio.


Ora la situazione per forza di cose sta cambiando, e sono i giovani i primi a saperlo e a rimboccarsi le maniche. Per loro è più difficile che mai perché, oggi, nonostante l'impegno, la preparazione e la buona volontà, una gran parte degli ambiti lavorativi sono saturi. Forse non si può più dire che i giovani siano «choosy», ma fino ad ieri la tentazione di essere un po' schizzinosi di fronte alla vita e al lavoro è stata a lungo accarezzata, e addirittura caldeggiata, proprio dai genitori prima ancora che dai ragazzi. E così facendo in molti casi si è fatta la rovina dei figli, invece del loro bene.

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