Nuova legge elettorale, peggio del Porcellum

Oggi va ridato ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento in maniera chiara e controllabile, senza che il voto si disperda in circoscrizioni vastissime, particolarmente favorevoli all'infiltrazione mafiosa. Ripristinare i piccoli collegi uninominali, eventualmente garantendo il ballottaggio e il secondo turno è l'unico sistema che può ridare lo scettro ai cittadini, indicando indirettamente la maggioranza che dovrà governare, e garantendo un maggiore e più diretto controllo sull'eletto

di Pierangelo Giovanetti

Caro direttore, nel giugno 1991 disobbedendo alla richiesta di Craxi e di Bossi di «andare al mare» per non votare al referendum di abolizione delle preferenze plurime, sono andata ai seggi e ho votato «sì». Con me quasi 27 milioni di italiani, il 95,6% dei votanti, tutti favorevoli ad eliminare il sistema delle preferenze in quanto fautore di corruzione, di campagne elettorali costosissime e di «cordate» fra candidati per tagliare fuori gli altri, falsando le regole democratiche.


Ora, dopo 21 anni, nel pieno degli scandali della regione Lazio e Lombardia, dove gente come Fiorito è stata eletta con migliaia e migliaia di preferenze, la Commissione Affari istituzionali del Senato mi approva un testo di legge per la reintroduzione del proporzionale e delle preferenze. Ma ci prendono in giro?


Il testo base di riforma della legge elettorale approvato giovedì in Commissione Affari Costituzionali del Senato è veramente un pastrocchio peggiore del Porcellum attualmente in vigore. Il che è tutto dire. Non assicura alcuna governabilità al Paese, tanto che le proiezioni fatte sulla base di quel nuovo meccanismo portano a ipotizzare un blocco del parlamento nel 2013, con nessuna maggioranza fuoriuscita dalle urne. E quindi la necessità obbligata di una Grande coalizione.


Non assicura nemmeno maggiore democrazia e rappresentatività: la reintroduzione delle preferenze su collegi grandi e non controllabili direttamente dall'elettore garantirà soltanto le cordate più forti, i nomi più «ammanicati», le macchine di raccolta voti, spesso dai profili per nulla cristallini.


In terzo luogo, il nuovo sistema elettorale sfornato dal cilindro è garanzia sicura di campagne elettorali costosissime, indispensabili raccolte di tanto denaro, maggiore diffusione di intrallazzi e di corruzione.


I maggiori studi europei sui sistemi elettorali dimostrano che la corruzione cresce nei Paese con meccanismi di tipo proporzionale a preferenze multiple, mentre diminuiscono sensibilmente nei sistemi con collegi (piccoli) uninonimali, dove il confronto avviene fra un numero contenuto di candidati ma distintamente visibili e controllabili dall'elettorato.
Ora tornare ad un sistema che - pur degenerato - fu causa non ultima del diffondersi di Tangentopoli e della fine della Prima Repubblica, fa rimpiangere di gran lunga il Mattarellum, pur con tutti i limiti che presentava.


Fa specie, poi, che si discuta di un sistema che moltiplicherà i costi della politica proprio quando davanti agli occhi degli italiani va in scena lo spettacolo più terribile delle mostruosità generate dai troppi fondi messi a disposizione della politica.


Con una mano si invoca rigore, serietà e trasparenza, e dall'altra si aprono le porte a sistemi di collegi vastissimi (grandi come intere regioni) che richiedono campagne elettorali costosissime, e che necessariamente dovranno essere pagate da qualcuno.


Oggi va ridato ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento in maniera chiara e controllabile, senza che il voto si disperda in circoscrizioni vastissime, particolarmente favorevoli all'infiltrazione mafiosa.
Ripristinare i piccoli collegi uninominali, eventualmente garantendo il ballottaggio e il secondo turno è l'unico sistema che può ridare lo scettro ai cittadini, indicando indirettamente la maggioranza che dovrà governare, e garantendo un maggiore e più diretto controllo sull'eletto.

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