Stesso prodotto, prezzi diversi

Una volta tanto, un servizio eccellente. Sbarco dal volo Aéroport Charles de Gaulle - Verona Catullo in perfetto orario, nonostante le preannunciate turbolenze. Nel grande scalo parigino ho trovato con sollievo (abituata ormai alla spartana e piuttosto disagevole aerostazione di Beauvais, ottanta chilometri a nord dalla capitale francese) ambienti confortevoli. Quindi, mi chiedo, inevitabilmente: come mai il prezzo del biglietto, con la solita compagnia aerea low-coast è uguale, in entrambi i casi?

di Gloria Canestrini

Una volta tanto, un servizio eccellente. Sbarco dal volo Aéroport Charles de Gaulle - Verona Catullo in perfetto orario, nonostante le preannunciate turbolenze. Nel grande scalo parigino ho trovato con sollievo (abituata ormai alla spartana e piuttosto disagevole aerostazione di Beauvais, ottanta chilometri a nord dalla capitale francese) ambienti confortevoli, ben illuminati, pieni di indicazioni utili, di rivendite di giornali e cafeterie e ogni sorta di confort (comprese le enormi poltrone da relax).

Se a Beauvais i passeggeri dovevano raggiungere l’aereo a piedi, in ogni frangente meteorologico, al De Gaulle un lunghissimo tunnel coperto ripara da inopportuni spifferi e da ancor più fastidiosi spruzzi, portando i fortunati viaggiatori fin dentro la fusoliera. La cosa più fantastica rimane, però, la velocità con la quale ho potuto raggiungere l’aeroporto: in mezz’ora di metropolitana ( per Baeauvais ci vuole almeno il doppio, su un autobus-navetta).

Quindi, mi chiedo, inevitabilmente: come mai il prezzo del biglietto, con la solita compagnia aerea low-coast è uguale, in entrambi i casi? Anzi: a pensarci bene, questa volta (è dal 9 febbraio che sulla tratta Verona-Parigi c’è il nuovo scalo al De Gaulle) ho pagato persino di meno: 50 euro andata e ritorno, tutto compreso. Con servizi radicalmente diversi e un importo inferiore a un gadget! Com’è possibile?

Ho provato, quindi a chiedere ad una mia conoscente, una giovane “Management Consulting”, di nome Silvia, qualche delucidazione sul meccanismo della determinazione dei prezzi in un’economia di mercato concorrenziale come la nostra, nel pieno di quella che dovrebbe essere la rivoluzione delle liberalizzazioni.
Silvia, che è anche ricercatrice, si è fatta subito una risata, non appena ha capito l’oggetto del mio tentativo di approfondimento:
- “Il “pricing”, ossia l’arte del prezzo in un’economia di mercato: bell’argomento! Quante ore mi dai?”
“Perché dici arte del prezzo?” Ho insistito, inesorabile.
“Perché è lasciato alla libera determinazione e alle strategie di impresa…” (si rabbuia)” …che spesso, però, oggigiorno, non riescono più a trovare un’identità di valutazione, data l’incertezza del modello economico. Faccio un esempio: nel 2011 un migliaio di direttori finanziari e di marketing di 12 diversi paesi sono stati interrogati circa le future politiche dei prezzi: il 23% conta sulla necessità di un ribasso generale, il 57% sulle promozioni per stimolare i volumi di vendita, e il 29% conta su un innalzamento, aumentando le cifre di affari. Contradditorio, no?  Non parliamo, poi, delle scuole di management o delle università, dove le discipline, studiate separatamente, trovano difficilmente una sintesi, un punto di vista globale.
“Ma non ci sono dei parametri oggettivi, scusa?” (Gli esami di economia a giurisprudenza sono per me un ricordo lontano). Faccio appello alla memoria: ”Per stabilire i suoi prezzi di vendita, un’impresa deve pur sempre considerare discipline come gestione,costi, marketing, strategia, diritto…”
“Ovvio”,mi rincuora Silvia, ma l’attenzione si è molto accresciuta verso la volatilità delle materie prime, la trasparenza  imposta dalle nuove normative, l’attenzione delle associazioni dei consumatori, le modifiche nella distribuzione…Certo: c’è tutto l’interesse a ad adottare dei prezzi coerenti, anche in funzione della concorrenza e del valore percepito… ma non è più così semplice…”
Ecco: me lo aspettavo. Abolite le vecchie certezze, la semplicità di fissare dei prezzi partendo dai propri costi ed aggiungendovi un margine ragionevole di guadagno, siamo nel guado. L’ultimo esempio di Silvia me ne da quasi una conferma: ”Uno stesso prodotto non ha necessariamente sempre lo stesso prezzo. L’high-tech si vende ad un prezzo molto alto nei primi tempi, per captare i clienti VIP, perché non rivenderò loro lo stesso prodotto una seconda volta. In seguito, il prezzo viene però abbassato per raggiungere il grande pubblico: in gergo si chiama scrematura. Per quanto riguarda i voli, invece, c’è lo Yeld management….”
“No, aspetta un momento: questo me lo spieghi la prossima volta”…

Ringrazio e saluto, tanto ho capito: la verità è che il prezzo, strategicamente parlando, lo fa il cliente. Il solo parametro certo è il suo bisogno, la sua richiesta, la sua propensione a pagare. O no?

 

comments powered by Disqus