Il rispetto delle regole

Trucchi per non pagare il canone? Una volta tanto, mi sento di non essere del tutto dalla parte del consumatore, o meglio: non del consumatore con cui sto parlando. Perché, se da un lato è indubbio che la RAI risenta, anche nel livello della sua offerta programmi, di anni di cattiva gestione aziendale, di lottizzazione partitica, di bavagli e di eccessivi ammiccamenti commerciali, dall’altro non è affatto obbligatorio averla in casa. E se la scelta è quella di avere un apparecchio televisivo, ci sono dei corrispettivi di cui tener conto, che piaccia o no

di Gloria Canestrini

“Ho sentito dire che c’è un modo per evitare di pagare anche il canone della tivù. Basta procurarsi un vecchio apparecchio rotto oppure ormai inutilizzato, poi lo si porta in discarica, e con la ricevuta si dichiara di non aver più in casa nessun apparecchio televisivo. Una raccomandata, e il gioco è fatto!”
Rimango a fissare il mio interlocutore senza riuscire subito a trovare una risposta adeguata. Lui sorride, cercando la mia approvazione e dimostrandomi così la sua riconoscenza per una consulenza che gli ho appena dato in tema di prestiti e finanziarie. Fin lì, pensavo di aver di fronte uno dei tanti, tantissimi malcapitati che si trovano invischiati nella spirale dei crediti revolving . Una nuova tipologia di prestiti chiamati, appunto, “rotativi” perché rinegoziabili in ogni istante a seconda del pagamento in ritardo ( e persino in anticipo!) anche di una sola rata. Mi rendo conto, però, di non aver di fronte solo una vittima dell’anatocismo o dell’usura: la questione è ben più complessa. Il signore che ho di fronte è uno dei tanti italiani che amano pianificare ogni possibile insolvenza, assumendo una sorta di giustificazione morale dalla caduta qualitativa e pressoché generalizzata di molti servizi pubblici ( e non).
Una volta tanto, mi sento di non essere del tutto dalla parte del consumatore, o meglio: non del consumatore con cui sto parlando. Perché, se da un lato è indubbio che la RAI risenta, anche nel livello della sua offerta programmi, di anni di cattiva gestione aziendale, di lottizzazione partitica, di bavagli e di eccessivi ammiccamenti commerciali, dall’altro non è affatto obbligatorio averla in casa. E se la scelta è quella di avere un apparecchio televisivo, ci sono dei corrispettivi di cui tener conto, che piaccia o no.
Il fatto di voler disporre di beni di consumo aggirando l’”ostacolo” del loro costo non pagandoli o contraendo prestiti che a breve non si sarà più in grado di onorare rientra a mio parere in un deficit etico più complessivo che affligge da qualche anno il nostro Paese. E’ necessario quindi operare delle distinzioni, perché sostenere i nostri diritti di consumatori non significa certo trovare ogni scorciatoia per continuare ad acquistare beni e servizi ormai sempre più cari, senza poi pagarli o ritardando all’infinito, con qualsiasi scusa il saldo dovuto. Anzi: questo atteggiamento rischia di inficiare proprio le battaglie- sia individuali che collettive- volte all’effettiva tutela di chi incappa in illeciti , in prodotti viziati o eccessivamente onerosi. Ogni contenzioso deve trovare un fondamento e una ragione precisa: proprio in questi giorni la questura di Trento ha diffuso le statistiche relative all’attività svolta nel 2011, da cui emergono dati preoccupanti, di una litigiosità di sfogo a stress e frustrazioni. Sono centinaia le querele, spesso reciproche, tra privati per questioni di poco conto: litigi di vicinato, risse scoppiate in coda al supermercato, scontri agli sportelli postali, e via dicendo. Si cercano, insomma, delle valvole di sfogo alla rabbia crescente, che non risolvono nulla e aggravano la tensione psicologica dei singoli soggetti. Cercare una compensazione è spesso un buon rimedio, ma la via delle piccole furbizie o delle esplosioni di livore non è una via soddisfacente. L’amaro in bocca rimane e talvolta si rischia di trovarsi anche nell’aula di un tribunale, non per propria scelta ma come conseguenza per aver perso il controllo della situazione.
Ecco: in due parole cerco di insinuare anche nel mio interlocutore, che ora mi sta guardando perplesso perché si aspetta una risposta, questo semplice dubbio: che tutta la faccenda della rottamazione sia una briga inutile. La nostra crisi non è solo economica. Se non ritroviamo il senso dell’unità etica e della solidarietà, non si salva nessuno”.

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