Il 7,6% del territorio italiano è coperto dal cemento

di Gloria Canestrini

Due milioni e trecentocinquantamila ettari: pare sia questa la superficie cementificata in Italia. Il 7,6% del territorio italiano. Le recentissime tragedie di La Spezia, di Genova, di Napoli e di tante altre zone colpite da alluvioni e straripamenti hanno posto l’accento anche sulla necessità di arrivare finalmente, una buona volta, alla tutela del suolo e del paesaggio, in controtendenza con la smania edificatoria che non solo non si è mai arrestata, ma ha conosciuto negli ultimi anni un’ulteriore accelerazione (sono 50.000 gli ettari di incremento annuo del consumo di suolo nel nostro paese). C’è chi, addirittura, considera ineluttabile questo incremento, una sorta di tributo alla speculazione, grande e piccola, in nome del cosiddetto “progresso”.

Certo, molti comuni italiani non hanno saputo rinunciare alla fetta golosa costituita dagli oneri urbanistici, spesso considerati la sola, vera, importante fonte di introito per enti locali in difficoltà finanziarie. Eppure, molti comuni hanno invece preferito la pianificazione urbanistica, quella vera, che tiene conto dei bisogni della collettività presenti e futuri, e non quella che si limita a tagliare fette di territorio in vista di lottizzazioni e colate di cemento. C’è chi, addirittura, si è fermato, come il Comune di Cassinetta di Lugagnano, 1800 abitanti nella cintura milanese: negli ultimi dieci anni è stato raggiunto l’obiettivo “crescita zero”, ossia zero metri cubi di nuove costruzioni, ma solo ristrutturazioni e riqualificazioni delle cubature esistenti. Se ne è parlato una settimana fa al Forum nazionale per l’ambiente, dove si sono riuniti 350 gruppi, associazioni, movimenti italiani (tra cui LIPU, WWF, SLOW FOOD e tanti altri), tutti accomunati dalla necessità di tutelare il suolo e il paesaggio del nostro magnifico Paese, anche con un progetto di legge di iniziativa popolare, vista l’inerzia ormai endemica di partiti e istituzioni sul punto (più propensi alle grandi opere, all’espansione urbana, alle infrastrutture di trasporto che a salvare il paesaggio).

Molte anche le adesioni di singoli cittadini: imprenditori, professionisti, artigiani, studenti, ricercatori. Si tratta di costruire, questa volta contro la cementificazione indiscriminata, quella “rete” di soggetti che condivida gli stessi valori e agisca sensibilizzando e informando: una rete che ha così ben funzionato a sostegno dei comitati referendari per l’acqua pubblica. Perché, come ha dimostrato quella straordinaria mobilitazione, vincere si può, quando è in gioco la speranza di salvare la bellezza dei luoghi, la salute, la sicurezza, per consegnare ai nostri figli un ambiente accogliente e pienamente vivibile.

Lo dimostra il fatto che in pochi giorni sono già state raccolte 50.000 firme per la proposta di legge di iniziativa popolare (che raccoglie, oltretutto, la preoccupazione già espressa dagli studi della Commissione Europea, da cui emerge che quell’incredibile estensione di superficie edificata ogni anno -edifici, strade, parcheggi- subisce anche un’irrimediabile impermeabilizzazione del suolo. Con le conseguenze che oggi tutti conosciamo). Ma il messaggio uscito dal Forum per l’ambiente è ancora più vasto,e più importante, e riguarda il consumo. Infatti, così come ormai appare chiaro a tutti che non si può uscire da una crisi economica di portata globale e di carattere sistemico incentivando insensatamente i consumi, emerge anche che il consumo di suolo, alla fine, non porta alcun beneficio. Non si esce dalla crisi neppure consumando la terra.

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