Francesco Alberoni e i Baci Perugina

di Andrea Tomasi

Si chiudono le porte di via Solferino. Francesco Alberoni non scriverà più per il Corriere della Sera. Scompare la sua rubrica del lunedì. Alberoni, nato nel 1929 a Borgonovo Val Tidone (Piacenza), primo preside di Sociologia (è anche per questo legame con Trento che qui ne parliamo), passa dal Corrierone al Giornale (il Giornale di Alessandro Sallusti).
«Io non sono mai stato comunista ma sono sempre stato di sinistra» ha detto ai microfoni di Un giorno da pecora, il programma di Claudio Sabelli Fioretti, su Radio Due.
«Come Sallusti» ha commentato, con la solita ironia, il conduttore.
Martedì 27 settembre, ospite in trasmissione, era anche lo scrittore Antonio Pennacchi - Premio Strega 2010, fresco di addio alla Mondadori - che ha difeso Alberoni, dicendo in sostanza che si va dove ti lasciano scrivere. Come dire: non c’è destra né sinistra. Anzi i giornali di destra e di sinistra sarebbero «speculari».
Intanto, su internet, i lettori si sono scatenati. «Alberoni si consolerà leggendo i biglietti dei Baci Perugina» ha scritto qualche «perfida mano» sul sito del  quotidiano, perché «in quei messaggi si concentra il suo pensiero». Il professore/scrittore si è limitato, forse, ad un inarcamento delle sopracciglia. Ha risposto che ne sarebbe onorato, visto che nei messaggi dei noti cioccolatini stellati vengono raccolte frasi dei più grandi scrittori.
«Ho un ricordo bellissimo del Corriere della Sera - ha scritto Alberoni - È stato scrivendo i primi articoli (nel 1973, ndr) che ho incominciato a elaborare quel linguaggio che mi consente di essere capito da tutti e tradotto in tutto il mondo. Il Corriere è stato inoltre per me una grande scuola di libertà: ho sempre potuto scrivervi quello che volevo e non è mai intervenuto nessuno a dirmi cosa dovevo o non dovevo dire. Conservo un caro ricordo dei direttori che si sono succeduti, da Piero Ostellino a Ugo Stille (Misha) e il suo vicedirettore Anselmi che mi ha insegnato ad andare avanti sereno ignorando il chiasso dell’attualità. Poi Stefano Folli e, infine, due carissimi amici e maestri, Paolo Mieli e Ferruccio de Bortoli. A commiato, un abbraccio al pubblico che mi ha seguito».

 

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