Il mito dell'anno sabbatico.Ma cosa vi perdereste dell'Italia?

Sempre più italiani lasciano il lavoro per dodici mesi di aggiornamento o di volontariato. Spazio ai vostri racconti.

di Paolo Micheletto

Quasi quasi mi regalo un annosabbatico. La pensa così un numero sempre maggiore di italiani.Staccare dalla routine del lavoro, dedicare dodici mesi della propriavita al volontariato, all'aggiornamento o al miglioramento di unalingua straniera: alcuni dati confermano che il “sabbatico” èsempre più nella testa degli italiani. Certo: si tratta di un“rifugio” al quale possono ricorrere solo alcuni fortunati. Maanche chi non si può permettere di vivere un anno senza unostipendio, può comunque consolarsi con il solo pensiero di poterincassare un giorno il tanto sospirato permesso. Di più: con leopportune rinunce anche chi non ha un lavoro fisso può prendere lasua valigia e andare ad aggiornarsi all'estero.

In Gran Bretagna si tratta diun'abitudine consolidata: Tony Blair – che non proviene da unafamiglia ricca – ritiene che l'anno di “riposo attivo” primadel college sia stato tra i più importanti per la sua formazione. E“the gap year” rappresenta un'abitudine diffusa in ogni classesociale, da quelle parti. Anche in questo caso, quindi, l'Italia stacolmando alcuni ritardi.

Ora, alcune domande: qualcuno ha vogliadi raccontare la sua esperienza? C'è chi ha lasciato il suo lavoroper un anno e poi è tornato più carico e motivato? E infine, ladomanda delle domande: come sarà l'Italia se tornerete tra un anno?

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