Altolà al brulé

Basta poco per scaldare una città. Anche solo un brulé. E allora, sarà che noi trentini siamo per natura un po' freddini, e scaldarci ci spaventa un po'? Perché l'"ultima" che ci ha lasciato in dote il Mercatino di Natale 2010, è la proposta di bandire vino caldo, bombardini, polenta e panini dalle casette di Piazza Fiera

di Leonardo Pontalti

Basta poco per scaldare una città. Anche solo un brulé. E allora, sarà che noi trentini siamo per natura un po' freddini, e scaldarci ci spaventa un po'? Perché l'"ultima" che ci ha lasciato in dote il Mercatino di Natale 2010, è la proposta di bandire vino caldo, bombardini, polenta e panini dalle casette di Piazza Fiera.
Dietro alla proposta - pare - le invidie dei ristoratori cittadini che vorrebbero veder mangiare, bere (e pagare) il pubblico del Mercatino da loro. Ma pure altro: il brulé del Mercatino e tutti i suoi fratelli, alcolici o analcolici - sta sul gozzo a tanti: e porta folla, e porta strilli, e non ci si muove, e quanto chiasso.
Certo, la libertà di ognuno finisce dove comincia quella dell'altro, ma chiasso, folla e colore entro le 19.30 di sera, sono ben al di là dei confini delle libertà altrui. Ed è poi innegabile come - piaccia o no - i Mercatini vivono in gran parte grazie ai brulé, e a tutto il resto del mangia e bevi. Unica vera "calamita" capace di attrarre i trentini all'ombra delle mura, e tra le altre casette, magari per una pausa pranzo un po' più sostanziosa rispetto al solito toast al bar. Senza l'"isola gastronomica", insomma, al Mercatino se non sei turista, ci passi una volta.
Ma al di là degli equilibri economici del Mercatino, quel che è certo, è che il brulé è l'ingrediente che per venti giorni - ogni tardo pomeriggio - anima la città, la fa ritrovare, incontrare, la fa scaldare, ridere, abbracciare. Giovani, ma non solo, perché la voglia di stare insieme non ha età. Volerci rinunciare per forza, forse è davvero una buona idea solo in un paese per vecchi.

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