Quando fisco e tassesono peggio dell'amante

di Renzo Moser

Il tradimento, l’amante, la noia, la voglia di novità, la voglia di trans, l’inevitabile decadenza fisica, l’amore che, semplicemente, non c’è più: non mancano i pericoli e le minacce per il matrimonio, anche per il più solido. Niente di nuovo sotto il sole. Anzi sì: qualcosa di nuovo c’è. Le tasse: ecco l’ultimo, subdolo, potentissimo nemico delle coppie italiane, il nemico capace di riuscire là dove altri hanno fallito.
La storia, raccontata dal Sole 24 ore, è ambientata a Milano, dove una signora di 66 anni, moglie e madre di due figli, dopo aver versato per anni i contributi previdenziali per avere accesso alla «minima», si è vista tagliare brutalmente, al momento dell’incasso, l’assegno mensile: dai 500 euro previsti per la pensione di base a 192 euro. E questo perché il marito ha un reddito lordo superiore ai 17 mila euro lordi annui.
Quei 192 euro al mese, però, uniti alla rendita catastale dell’appartamento, bastano a superare l’incredibile soglia di 2.840 euro all’anno, al di sopra della quale non si può essere considerati a carico del coniuge.
I soliti 192 euro al mese, invece, non sono sufficienti per presentare il 730 e scaricare pese mediche, farmaci e ticket vari. Cornuti e mazziati, insomma, tanto per restare in tema.
Un labirinto di norme, soglie, tetti di reddito, aliquote, per uscire dal quale l’unica strada sembra essere quella caldamente consigliata alla signora da un commercialista: divorziare. Una separazione consensuale fittizia: si continua ad amarsi, a vivere nella stessa casa, ad alzarsi insieme la mattina e a coricarsi la sera, anche se sulla carta il matrimonio (40 anni di vita insieme, nel nostro caso) è andato a rotoli. Per merito del fisco.
Un consiglio a quei partiti, movimenti, associazioni che sempre si riempiono la bocca della parola «famiglia» e che di tanto in tanto organizzano quelle strane comparsate note come «Family Day»: la prossima volta, invitate Tremonti.

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