Il fatto e il misfatto,la clava e la fatwa

di Paolo Ghezzi - NO

Interessante (eanche terribilmente divertente) l'evoluzione del giornalismo italianocontemporaneo, parallela alla radicalizzazione dello scontro politico(Lui e i suoi ascari contro il resto del mondo, come se tutti igiorni si combattesse la madre di tutte le battaglie, la Lepantodella civiltà, mamma li turchi). Mentre trent'anni fa la frontieraavanzata era il famoso slogan “i fatti separati dalle opinioni”,adesso trionfano le opinioni a prescindere dai fatti, o meglio,orientanti la selezione dei fatti.

Non parlo dellerubriche di commento come questa, dove la soggettività èintrinseca, essendo un punto di vista personale, un'opinione perdefinizione. Parlo proprio dell'impostazione generale, della linea dimolti giornali, dove la partigianeria, la faziosità, il furorepolemico sono diventati metodo comune: per costruirsi un'identità,per trovare uno spazio di mercato, per dimostrare di essere vivi.Titoli sparati su notizie ignorate dagli avversari, notizie costruiteper sapienti accostamenti o per esplicite contrapposizioni.

Anche leferoci, e personali stroncature di un giornalista contro l'altro,sono un fenomeno intensificatosi nei tempi nuovi. Fa un certo effettoleggere e vedere due profeti del giornalismo democratico comeScalfari e De Bortoli randellarsi a turno, con dispiegamento dipubblico disprezzo: chi ha la schiena dritta e chi no, chi haflirtato o flirta con Lui e chi no, chi è un giornalista libero eardimentoso e chi invece è sotto schiaffo, ricattabile, pusillanime.

La libertà distampa in Italia c'è, su questo ha ragione Lui, ed è anche vero chela maggior parte dei giornali di opinione non Lo amanoincondizionatamente: il problema è che quei giornali (e i quotidianiin genere) li leggono in pochi, mentre le televisioni che Luicontrolla all'80% le vedono tutti o quasi tutti.

Il problema èche Lui ha un giornale di famiglia e un paio di fogli quasi difamiglia che agiscono – probabilmente senza neppure bisogno diimbeccate da Palazzo Grazioli, ma liberamente autodedicati allademolizione – come una clava o un caterpillar contro i suoiavversari (il caso Boffo insegna). Il problema è che Lui ha alcunicanali televisivi pronti a “sputtanare” (parola di Lui) glianti-italiani che non lo amano, come quel giudice spiato fin dentrola bottega del barbiere perché ha osato condannare la Fininvest. Ilproblema è che Lui ha un impero editoriale (da Mondadori a Einaudi aPiemme) con cui anche i politici o i giornalisti di sinistra (come ladirettrice dell'Unità) non si fanno scrupoli a pubblicare i proprilibri, nonostante possano immaginare che i profitti prodottidall'opera del loro ingegno andranno ad alimentare il giàstraripante di Lui patrimonio.

Cosìdilagante è l'onnipresenza mediatica di Lui, che a sinistra siaggiunge un piccolo giornale dopo l'altro, scatenando la concorrenzatra antiberlusconiani moderati e radicali: dal “Riformista” a“Gli altri” (nuovo nome del quotidiano di Sansonetti), da“Liberazione” al “Manifesto” all'”Unità”, da “Europa”a “Terra” fino a “Il fatto quotidiano” di Antonio Padellaro,ex direttore dell'Unità, che emblematicamente ha scelto di inserire“Il fatto” in testata, per meglio sparare le fatwe di Travagliocontro le fatwe di Lui.

Unpluralismo di opinioni profondamente democratico: il problema è chela variegata schiera dei fogli d'opposizione (al quale va iscrittoormai anche “Il Secolo d'Italia”, vista la svolta a sinistradell'ex camerata Fini, ormai diventato baluardo delle istituzionirepubblicane) è tutta dominata dalla nobile idea di dovercontrastare Lui, denunciandone le pubbliche e private malefatte, ma ètotalmente dominata – sul piano culturale e dell'immaginario –dalla logica di Lui, dalle parole di Lui, dalle barzellette di Lui,dai segni di Lui, dai sogni di Lui, dai gesti di Lui, dai gusti diLui, dai fasti di Lui, dalle feste di Lui, dalle scorte di Lui, dalleescort di Lui.

Hola vaga sensazione che questa variopinta potenza di fuoco antiregime,oltre ad essere comunque perdente rispetto all'allineamentofilogovernativo dei telegiornali più importanti, non riuscirà ascalfire le fideistiche certezze della maggioranza fedele che ancorasi fida di Lui, ma al massimo a rinsaldare i sentimenti anti-Lui diquelli che già Lui non votano.

Eallora credo che abbia ragione il candidato più moderatamenteantiberlusconiano alla segreteria del Pd, Bersani, quando avverte:“Il migliore antiberlusconiano non è quello che grida più forte,ma quello che riuscirà a mandarlo a casa”.

Maquesto appunto è il compito dei partiti, non dei giornali, natiinvece per raccontare fatti e misfatti e fatti contraffatti, e ainterpretarli con le libere opinioni, chiamando le cose con il loronome, facendo memoria dei fatti di ieri e dell'altroieri che i grandicontrabbandieri delle notizie sono pronti a mistificare, in quellaperenne riscrittura della Storia con la Menzogna, che nel “1984”di Orwell era affidata al tristo palazzone del Ministero dellaverità, sulla cui facciata bianca si potevano leggere i tre slogandel Partito unico del Socing, tra cui il più eternamente vero è:“L'ignoranza è forza”.

Ecco,la missione dei giornali non ignoranti è solo una: diminuire, almenoun poco, il livello collettivo dell'ignoranza, dell'insipienza,dell'indifferenza, della dimenticanza. Prima, durante e dopol'attuale epoca della Grande Arroganza.

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