Il tuffo nel buiodi Evi e Martina

di Paolo Ghezzi - NO

Mentre la Tania di Bolzano faceva i suoi magnifici tuffi nell'acquaazzurra azzurra (azzurra cloro ma anche azzurra cielo) dei mondialiromani, in riva al lago di Caldaro Evi decideva di finire la sua vitacon un ultimo tuffo disperato in una cisterna per l'irrigazione, con lasua bambina Martina, cinque mesi e una diversità stampata nel Dna.
Nessuno saprà mai (e in fondo nessuno ha diritto di saperlo) se inquesta piccola enorme tragedia sudtirolese (compiutasi in un tristeserbatoio vicino a un lago da cartolina) abbiano pesato in qualchemisura la crescente riluttanza contemporanea ad accettare ledifferenze, le anormalità, le eccezioni alla regola, e insieme -soprattutto per le donne - l'ossessiva ricerca della bellezza, dellaperfezione, della standardizzazione telegenica (la chirurgia estetica ègià pronta a lavorare sui sempre più infrequenti - vista la selezioneprenatale - portatori di tratti somatici mongoloidi).
Nessuno saprà maise nella scelta finale di mamma Evi (così disperata da abbandonare unaltro bambino di cinque anni) abbia pesato il pensiero che la suaMartina non avrebbe mai potuto diventare una Tania Cagnotto o unaCarolina Kostner. Chissà se Evi aveva visto «L'ottavo giorno», il filmche così bene racconta la vera, straripante gioia di vivere di Georgese dei suoi simili che crescono con la sindrome di Down. Certo è che sifatica a convivere con la fatica della diversità, che - senza reti esenza speranze - si rischia di annegare nella solitudine.
«Nonpotendone cambiare il destino, ho cercato di abbellirne la morte»,diceva De André della sua Marinella, trasfigurando la fine «sbagliata»di una ragazzina tra i gorghi di un fiume, a primavera.
Vorremmodedicare ad Evi e Martina quella stessa tenerezza, a loro chescivolarono in un lago, quasi in un lago, una sera d'estate. Chissà cheragazzina allegra sarebbe potuta diventare, Martina. Chissà che donnadisperata era diventata Evi.
Il loro ultimo tuffo abbracciate meritaora, più che le analisi dei sociologi e degli psicoterapeuti, soltantoun abbraccio - non sappiamo se azzurro o verde o color nuvola - ma unabbraccio che consoli, un abbraccio che dia pace.
Magari un abbraccioin una barchetta sul lago appena increspato dal vento, lontano dalcloro delle piscine e dagli anticrittogamici delle vigne e dei meli.
Purché l'acqua sia pulita e trasparente.
Purché il vento sia leggero,comprensivo, gentile.

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