La Riva del sabatoè leopardata

di Vittorio Colombo

I bilanci si fanno a fine stagione. Ma, sul fronte del turismo, qualcosa si può già dire su questi primi quindici giorni di luglio nell’Alto Garda e in Valle di Ledro.

C’è da premettere che il tempo non ha di certo aiutato e che si spera ora nell’estate piena, magari come quella degli anni della nostra adolescenza che, chissà perché, ricordiamo sempre solare e splendida (o della nostra infanzia, o giovinezza, fate voi…).

Di gente in giro se n’è vista proprio pochina, a Riva e ad Arco, non parliamo poi della Val di Ledro dove si sono sprecati maglioncini di giorno e coperte di notte.

Parlando con i cosiddetti “operatori” turistici, albergatori, baristi ecc. (e ricordando che, per natura, sono soggetti portati alla lamentazione anche quando piove oro), si ha la conferma che molte stanze sono rimaste vuote, diverse prenotazioni sono saltate, ed anche quelli dell’ultima ora sono rimasti alla larga per una serie di fine settimana più da anatre che da salamandre.

Però.. l’ultimo fine settimana, sabato e domenica scorsi, è stato, almeno a pelle, confortevole. La gente, soprattutto a Riva, si è vista.

Il commento dei ristoratori-albergatori-baristi: dal lunedì al venerdì è una desolazione, si lavora invece come ai bei tempi (o quasi) il sabato e (un po’ meno) la domenica. Ma è il sabato che dà la scossa.

Non è una novità, siamo, per questioni di economia familiare, di costume, di previsioni da internet, sempre più a quel  tipo di turismo che si usa etichettare, con termine logoro e vagamente sprezzante, del “mordi e fuggi”.

L’impressione è che questo sia l’andazzo. Che sia così dappertutto. Ma forse ci sono colpe specifiche per quel che riguarda la nostra zona. Qualche anno fa si diceva che Riva (e dintorni) era troppo cara, gli operatori erano presupponesti (“tanto io lavoro comunque”), non c’era professionalità, non c’era una programmazione festaiola in grado di contrastare l’Adriatico.

Quell’allegrone di  Leopardi, sul sabato, poetava

“Questo di sette è il più gradito giorno, /pien di speme e di gioia:/ diman tristezza e noia
recheran l'ore… “

versi profetici che potrebbero finire sul menù degli albergatori, ristoratori rivani, altogardesani, ledrensi, trentini, ecc. ecc. Con un tormento in più da parte mia. Perché non so darmi una risposta: è così perché va così (lapalissiano) o è così ma potrebbe andare meglio?

 

 

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