Ciao Mariota, la donna che ha pulito tutta Riva 

di Vittorio Colombo

La “Mariota” se n’è andata e se c’è qualcuno che merita di andare dritto in Paradiso, con tanto di crediti maturati in vita, di sicuro in testa alla fila c’è lei. Perché Mariotta Boccagni, 98 anni compiuti lo scorso 2 luglio (e non 97 come diceva lei, forse per una sorta di amabile civetteria, forse perché aveva proprio perso il conto) era l’immagine stessa della Riva che appartiene alla memoria ed alla dimensione degli affetti di  tutti.

La sua era la vecchia Riva, delle famiglie che si conoscevano e che si frequentavano, degli anni difficili del dopoguerra quando ci si doveva rimboccare le maniche per tirare avanti, del boom economico quando  con l’arrivo dei turisti turisti crescevano gli alberghi e le pensioni e un certo benessere diffuso aveva attivato il giro delle donne di servizio. Che è un eufemismo parlare di “donne di servizio” perché la Mariotta, come altre ma più di altre, ha lavorato come una dannata, dall’alba al tramonto, spesso per un tozzo di pane, correndo di casa in casa, di ristorante in ristorante, senza mai risparmiarsi, senza mai lamentarsi, consumando le ginocchia e la schiena. Tanto che la schiena non le si era mai compiutamente raddrizzata e la sua figura, un po’ ad arco proteso in avanti, era l’emblema di un andare in giro senza tregua, mossa forse da quella che sentiva una sua necessità: pulire  tutta Riva.

Un grazie corale per una vita di sacrifici, per non essersi mai lagnata più di tanto, per aver accettato le sue vicende personali, che non sono state proprio una passeggiata, con coraggiosa rassegnazione. Eroica Mariota.  

Sono infiniti i rivani che la hanno conosciuta, negli anni dell’infinito massacrante lavoro, e in quelli della vecchiaia, quando viveva nella sua casa nel centro storico al Marocco. Non poteva andarsene in giro che tutti la fermavano, facevano due chiacchiere, e lei accettava di buon grado una sigaretta che consumava con il piacere di chi ha vinto la lotteria. Era contenta di poco, la Mariota, ed anche quando andava in giro con la carrozzella, dopo che era stata ospitata con affetto e dignità alla Casa di Riposo di Riva, non poteva fare un metro senza che qualcuno le facesse festa.

Lei si ricordava nomi e cognomi, genitori e famiglie, e rispondeva con arguzia. Battute ingenue magari, ma fulminanti. Ed era anche un po’ filosofa, resa tale dal corso di studi supremo dell’università ruspante della vita, nella fatica e nel dover sempre “servire”.

A che serve una vita? Quella della Mariota serve ad insegnare il bene supremo della dignità, dell’incapacità di odiare, di provare e coltivare rancore per un destino da predestinata alla fatica ed al sacrificio. Ricambiata questo sì, dalla gratitudine, forse arrivata negli ultimi decenni, da parte di tutti i rivani.

“Mariota, ti vedo bene…” e lei, scuotendo la testa, che un po’ assomigliava a Totò nell’espressione un po’ furbetta e irresistibilmente coinvolgente, rispondeva “a Chi giova?”. Appunto “Cui prodest”.

Giova, di certo, a quanti l’hanno conosciuta, ai rivani tutti.

Oggi, che ha finito di prestare servizio qui tra noi , ed è andata a chiedere lassù se ci sono nuvole da tirare a lucido con lo spazzole, ma gratis et amore Dei eh… più che mai merita un grazie, per quello che ha fatto e per l’esempio.

E così glielo diamo noi, in maniera sciolta e senza ufficialità, così come le sarebbe piaciuto,  postumo ed a futura memoria il titolo di “cavaliere rivano del lavoro”. “Cavaliera Mariotta”, a chi giova? Giova a noi, cara Mariota, l’esempio di una vita difficile ma straordinariamente umana consegnata alla memoria di tutta una città.

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