Lo sguardo stortodel tenente Colombo

di Paolo Ghezzi - NO

L'altrogiorno sfoglio il Corriere e, alla pagina degli spettacoli, mi colpiscecome un pugno in faccia la foto di un parente, di un amico, ritrattoimpietosamente con la faccia stralunata, la camicia a quadretti mezzafuori, un pezzo di pancia che spunta tra due bottoni. Dio, come si èridotto! Sgrano gli occhi: è come un parente, come un amico. PeterFalk, il tenente Colombo, il più intelligente, ironico, inimitabile,insostituibile ispettore della squadra omicidi che io abbia maiconosciuto. Il titolo dice, spietato, che Peter, 81 anni, ha la demenzasenile, forse da Alzheimer, e che il tribunale di Los Angeles l'haaffidato alle cure della seconda e ulti­ma moglie, trent’anni piùgiovane, preferendola alla figlia adottiva. Il suo medico ha detto: "Miha mortificato constatare che non si ricorda neppure di Colombo".
E allora lo devo ricordare io, lo ricordiamo noi, questo vecchioragazzo strabico, malvestito, con una macchina che va in pezzi, unimpermeabile mai stirato, un sigaro mezzo fumato, uno sguardo ironico,perplesso e insieme compassionevole (perché i suoi assassini liinchioda ma li capisce, li perdona perché se non sono gigli sono semprefigli, vittime di questo mondo).
Si è scomodato perfino Pietro Citati, a cantarlo, qualche tempo fa. Eio, figlio di un fedelissimo di Derrick (che se ne è andato da poco,nel paradiso degli ispettori), piango il rovinoso declino umano dimister Falk, ironia della sorte affidato - come un bambino incapace diintendere - alla moglie sempre chiamata in causa, evocata (come fontedi notizie, istruzioni per l'uso della vita e saggezza) e mai una solavolta veduta, nei dialoghi del tenente Colombo. Piango lo sguardoperduto di Peter, perduto e strabico per sempre, impossibilitato aconnettersi col resto del mondo. Ma canto l'eterna mezza età del suotenente, italo-americano qualsiasi, con moglie e cane e distintivodella polizia di Los Angeles, solutore di ogni maledetto giallo che glisia capitato tra le mani, perché conosceva l'anima degli uomini, primaancora delle tecniche criminali. L'indizio materiale, la prova anomala,erano sempre e solo un frammento della ricostruzione del delitto: ilmovente, e dunque la decifrazione psicologica dei sospettati, ne era lachiave di volta.
Forse per quella sua umanità sbilenca e per il suo sguardo obliquocapace di trapassare le apparenze e le convenzioni, i ruoli e le diviseche la società ci impone, Peter Falk-Colombo, della città degliAngeles, era stato scelto come angelo irregolare da Wim Wenders per ilsuo "Cielo sopra Berlino".
Non so come sia oggi, il cielo sopra Los Angeles. Se è grigio e sporco, Peter non se ne accorge più.
Restano,a consolarci del suo declino, i suoi film, il suo tenente che glisopravviverà. Con il suo impermeabile stazzonato, le sue occhiatestorte, il cane che lo aspetta in macchina. Peter-Colombo ripuliva lacittà degli angeli dai suoi assassini, ma non ci ha mai illuso cheavrebbe estirpato il male del mondo, non ha mai fatto promesse dapolitico bugiardo. Ci faceva capire, dopo ogni delitto magnificamentecapito e risolto, che il killer continua a vivere tra noi, dentro dinoi, perché anche se costruiamo chiese e diamo alle città nomi diangeli, i nostri cieli restano impastati di terra, sporchi di sangue.Addio Peter, se c'è poi un cielo, e se anche lì avessero bisogno dipoliziotti, spero che assumano Colombo, il detective che capiscedavvero di che pasta siamo fatti.

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