Anche voi sotto la nevediventate più buoni?

di Paolo Ghezzi - NO

"Sometimes, you can find
flowers in the snow" (Allan Taylor)


No, non quando èsfanghigliata melmosa fracica mizza spiaccicata, violentata dagliautobus di linea in un brutto quartiere di periferia, o quando ti mordele ossa in guerra sul Don a 40 sotto zero: ma quando hai una casariscaldata dove tornare, e lei è ancora leggera e immacolata, più ariache acqua, più sogno che disagio, ah benedetta lei, che piccolomiracolo è.
Neige. Schnee. Snieg. Nieve. Snow. Ci sarà una ragione per cui,dalla Russia al Portogallo, da quaggiù a Edimburgo, nelle nostre lingueoccidentali la parola neve suona sempre pastosa, rasserenante, latteacome una ninna nanna.
Shh...nee...vee. Magari sono suoni primordiali ascoltati nel buio dellanostra origine, quando scivolavamo su noi stessi, cullati e sciabordatinella pancia di una donna. E le discese ardite, e le risalite, nonconoscevano freddo né piedi bagnati. E il sonno era sogno soffice,protetto dai crudi risvegli.
Sarà per questo che, quando arriva, se non ci lasciamo sopraffare dallanevrosi delle catene e dell'arrivare in ritardo, stiamo lì a guardarlacome degli ubriachi con la bocca impastata, incapaci di parlare, dicomunicare meraviglia. Ammirati, impotenti e stupefatti come i bambini.
L'avevano capito subito i greci, che kalòs e agathòserano fratelli di sangue, che il bello e il buono sono intrecciati nelprofondo, finché la tecnica non li separa e trasforma la bellezza inmerce vendibile, e la bontà in articolo fuori catalogo.
La nevicata è bella, è bellezza primordiale e non richiede spiegazioni.Sopravvive ai temi tutti uguali delle elementari e alle formule deicronisti pigri da seconda elementare (bianca coltre!!! sofficemanto!!!). Sopravvive perfino a questo cuore matto romantico, labellezza della neve: ed eccoci tutti a tirar fuori la macchinafotografica, che tanto con la digitale spendi zero di pellicola ecancelli quelle brutte. E fotografiamo casa nostra, il nostro balcone,piazza Duomo, i merli delle mura, il merlo sorpreso, il cane che passa,la fontana solita che non è più quella solita, perché è stata toccata,graziata, trasfigurata dalla bellezza.
E dunque è la bellezza della neve che ci fa diventare più buoni. Perchénella città silenziata, messa in sordina dal cielo che fiocca, ipassanti che non si degnavano di uno sguardo, ora si salutano festosi,come in montagna dove ti viene naturale dire Grüss Gott all'ex nemico austriaco che incroci sul sentiero.
E come ti aiutano i vicini a cui non hai mai rivolto la parola! Tispingono la macchina, ti prestano la pala, ti danno pacche affettuosesulla spalla. Uno per tutti, tutto per uno. La solidarietà praticata.Meglio che negli spot buonisti. Insomma, sotto la neve il mondo è comedovrebbe essere.
Bontà provvisoria, s'intende, perché la mattina dopo se il vicino tisfiora lo specchietto retrovisore lo copri di insulti e gli mandi lalettera dell'avvocato: perché il miracolo della neve è breve. E subitodimenticato.
Shh...nee...vee. Le ninne-nanne sono piene di neve. Bianche di neve, di tette di mamma e di latte.
Clarice,sei mesi, assediata dai guerrieri di Mumbai che credono di cambiare ilmondo annegandolo nel sangue, era rimasta senza latte, ma il suo papàEmanuele (Lattanzi, cognome-presagio) ha attraversato il fuoco delterrore per liberarla dall'assedio nella sua stanza d'hotel.
Clarice ha succhiato il biberon, latte e neve sciolta, e si èaddormentata. A Mumbai non nevica, ma i suoi sogni piccoli sono statisoffici, silenziosi, candidi.


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